Mia & Kyn parte IV (ultima)

Non ricordo molto dell’attentato.
Ho provato a ricostruire quello che successe, ma con scarsi risultati. Alla fine, considerata la quantità di cose che non tornano, il sospetto che in qualche modo mi avessero drogata si è fatto una certezza. La sera prima stavo benissimo, e al mattino invece avevo un mal di testa che non mi diede tregua per tutto il tempo. Mi sentivo stordita, avevo i sensi ovattati. Cercai di nasconderlo, ma Kyn se ne accorse e alla fine ammisi che non stavo affatto bene. Mi propose più volte di lasciare il comando a Johanna e di stare in carrozza con lui, ma non accettai. Dovevamo fare un viaggio relativamente lungo e attraversare una zona non troppo sicura e non ero tranquilla. Poi però cedetti, stavo male, avevo la nausea e faticavo quasi a restare in sella. Kyn mi ordinò di tenergli compagnia in carrozza, lo obbligavo sempre a fare così per non destare sospetti. Crollai accanto a lui, sfinita. Era preoccupato per me, anche se io cercavo il più possibile di minimizzare, ma non mi era mai successo di stare tanto male.
Quando il nostro piccolo convoglio venne attaccato io cercai di reagire, anche se sapevo benissimo che se avevamo qualche possibilità di salvarci era nelle mani delle mie compagne. Io, in quello stato, servivo a ben poco. Cercai di far nascondere Kyn in modo che fosse protetto dalle frecce.
Ricordo che mi disse che mi amava. Non me lo aveva mai detto, erano ormai mesi che stavamo insieme, eppure nessuno dei due aveva mai pronunciato quelle due fatidiche parole. Gli diedi un bacio prima di uscire, era un addio, non avevo alcuna possibilità di sopravvivere a quello scontro.

E invece ripresi coscienza in un letto dell’infermeria.
Non avevo più nessuno di quegli strani sintomi che mi avevano tormentata, anche se ovviamente ero molto debole. Controllai cautamente le mie condizioni, mi parve di essere tutta intera anche se decisamente malconcia. Non riuscivo a parlare, se non a bassissima voce e se anche mi avevano lasciato un campanello per chiamare non ero in grado di raggiungerlo. Attesi che arrivasse qualcuno.
Non appena vidi l’espressione della donna che entrò nella stanza, capii. Non riuscivo neppure a chiedere, ma dovevo farlo.
“Come ti senti? E’ un miracolo che tu sia viva, sai?” mi sorrise
“Grazie… ma… vi prego, ditemi… il Principe…”
“Non ti devi agitare, cerca di stare tranquilla”
“Devo sapere”
“Purtroppo…”
Non udii il resto della risposta, il mio cervello si rifiutava di ascoltare, anche se lo avevo capito immediatamente. Era colpa mia. Se solo fossi stata in grado di combattere come sempre, lo avrei salvato. E quel che era peggio, io ero sopravvissuta.
Non mi permisero di assistere alla cerimonia funebre a causa delle mie condizioni di salute. In effetti non ero ancora in grado di alzarmi dal letto, ma avrei tanto vederlo per un’ultima volta.
Il giorno successivo venne nella mia stanza il Re. Disse che voleva ringraziarmi per quello che avevo fatto in quegli ultimi anni al servizio della sua famiglia. Ero lieta che fosse venuto, volevo parlargli ma non sapevo bene come avvicinarlo, ora che i miei compiti nel palazzo erano indefiniti.
Gli dissi che avevo il forte sospetto che quell’attentato fosse stato preparato all’interno del palazzo stesso e gli spiegai quello che mi era successo, ma lui minimizzò, disse che non avevo alcuna prova e che nessuno mi avrebbe seguito su quella strada. Mi sembrava un po’ troppo ansioso di chiudere la faccenda. Provai a insistere, ma non ottenni nulla.
“Ascolta, lo so che tu e lui, per quanto la cosa possa apparire bizzarra, eravate amanti”
Incassai, evitai di stupirmi del fatto che lo sapesse, e attaccai riguardo alla bizzarria della situazione, non riuscendo a trattenermi.
“Tu sei una bella ragazza, sei forte e preparata, e alla tua età essere a capo delle Guardie Reali è un traguardo notevole. Avresti potuto avere chiunque… Mentre il ragazzo” era rarissimo che usasse il termine figlio “era malato, e dipendeva in tutto dagli altri. E’ strano, non trovi? Ad ogni modo, se stava bene a te… io lo ammonii solo a non dar scandalo in nessun modo e a non metterti incinta. In quel caso avrei dovuto intervenire. Se continuavate a fare attenzione, e ti do atto di essere stata piuttosto brava, a me non importava di quello che faceva”
“Kyn… il Principe è una persona meravigliosa, e questo non ha nulla a che vedere con la sua forza fisica o la sua salute” ribattei. Avevo usato ancora il presente.
“Come vuoi. Ad ogni modo, io capisco che visto il rapporto che avevate, tu ora sia ancor più colpita dalla sua morte. Ma mi pare inutile cercare a tutti i costi un intrigo che non esiste. Abbiamo arrestato i colpevoli, il caso è chiarissimo e chiuso”
Qualunque tentativo di avere altre spiegazioni andò a vuoto. Disse che mi avrebbe fatto dare un premio per aver cercato comunque di salvarlo, io rifiutai e gli dissi di usare quei soldi per fare qualcosa per le famiglie delle mie compagne morte nell’attentato.
Nei giorni che trascorsi ancora in infermeria continuai a pensare. Qualcosa non mi quadrava, il Re non era mai sembrato una persona sensibile, ma il distacco che ostentava per la morte del figlio era davvero eccessivo. L’idea che potesse avere a che fare con l’attentato non riusciva a uscirmi dalla testa.
Rifiutai di restare a palazzo. Rassegnai le mie dimissioni e decisi di chiedere ospitalità per un poco in un monastero dove avevo studiato, un posto tranquillo, adatto a riprendermi del tutto. Le ferite fisiche erano guarite senza lasciare conseguenze, dovevo solo rimettermi in forma, ma il dolore per la scomparsa di Kyn non accennava a calmarsi.
Fu mentre ero là che ricevetti un messaggio che suffragava le mie ipotesi e che mi forniva una traccia da seguire. Il mio informatore, una persona evidentemente interna al palazzo, vista la quantità di informazioni di cui disponeva, sosteneva che Kyn non era affatto morto, che era stata tutta una messa in scena e che il ragazzo era stato rapito e portato fuori dai confini del regno degli elfi.
Che quella storia fosse vera era solo una possibilità, ma non potevo fare a meno di attaccarmici. Inoltre, se Kyn era vivo, non poteva resistere a lungo senza una adeguata assistenza. Dovevo assolutamente trovarlo.
Tramite una complicata serie di messaggi, infine, mi venne proposto un luogo e una persona da contattare.
Fu così che mi imbarcai sulla Regina Rossa alla volta di Manfrecht e del suo variopinto Festival degli Aquiloni.

Mia & Kyn parte III

Dopo l’attentato, raddoppiai le mie attenzioni. Riorganizzai i turni di guardia e le altre ragazze smisero quell’atteggiamento indisponente: era davvero successo qualcosa, prendersi cura del Principe non era più un compito inutile. Kyn dal canto suo sembrava indifferente. Era un poco meno capriccioso e partecipava con più impegno alle attività di governo.
Poi il giorno in cui avrebbe dovuto partire per partecipare col padre a una cerimonia importante in una cittadina a due giorni di distanza disse che non stava bene e che non se la sentiva. Il medico lo visitò, non gli fece nulla e gli diede il solito calmante. Scoprii solo dopo che finse abilmente di inghiottire la pastiglia. Il Re ovviamente partì lo stesso e lasciò me e altre due guardie ad occuparci del ragazzo, affermando che tanto tutta l’attenzione era su di lui. Salii nei suoi appartamenti, certa di trovarlo addormentato sotto l’effetto del medicinale, e mi fermai davanti alla porta, ma dopo poco sentii dei rumori ed entrai.
“Kyn! Mi hai spaventato, credevo dormissi”
“Non volevo andare, ho finto di star male… scusami”
“Ma il medico…”
“Ho sputato la medicina mentre non guardava” sorrise “Sto benissimo, sono sveglio e abbiamo qualche giorno tutto per noi, col palazzo praticamente vuoto…”
“Sei una peste” risi, avvicinandomi per baciarlo.
“Questa notte… puoi organizzare in modo che non ci sia nessuno, oltre a te, per la guardia?”
“Sì. Tuo padre mi ha lasciato pochissime persone, ridurrò al minimo i turni, motivandolo con il fatto che il palazzo è vuoto e chiuso all’esterno in mancanza del Re. Non sarà difficile”
“Bene. Non mi chiedi che intenzioni ho?” domandò con un’espressione indecifrabile
“No. Mi piacciono le sorprese” arrossii, lasciandogli capire che non era un piano così misterioso, il suo.
Arrivai da lui dopo la cena, avevo lasciato l’ultimo turno ad un’altra persona e avevo usato il tempo per prepararmi. Non ero sicura di cosa pensare, avevo pochissima esperienza e non mi ero mai posta domande su quello che poteva o non poteva fare… decisi di cercare di non agitarmi senza motivo, o avrei finito per rovinare tutto quanto.
“Ciao”
“Eccoti, finalmente… è stato difficile?”
“No. Ho detto quasi la verità. Visto che siamo così poche e che il pericolo dovrebbe essere basso, ho annullato il turno di notte. E mi sono presa il primo, domani”
“Brava. Ora vieni qui”
Mi accoccolai sul divano accanto a lui, prendemmo un libro e leggemmo un poco, quasi abbracciati. Era meraviglioso poter stare così. Lasciammo passare un po’ di tempo chiacchierando e stando semplicemente vicini, poi quando fu abbastanza tardi perché fossimo sicuri che in giro non ci fosse più nessuno, Kyn mi disse che voleva mettersi più comodo. Ero un poco perplessa. Prese l’iniziativa mentre era seduto sul letto. Mi attirò a sé e iniziò a baciarmi, ed era piuttosto evidente che non intendeva fermarsi lì.
Io fino a quel momento non avevo avuto molte esperienze, e forse non mi ero mai innamorata.
Cercai di mettere a tacere la mia parte razionale, avevo preso tutte le precauzioni possibili e non correvamo rischi di farci scoprire, volevo solo rilassarmi e assecondarlo. Avevo pressochè la certezza che nemmeno lui avesse mai avuto una relazione e temevo che sorgesse qualche problema, che non fosse in grado… ma per fortuna mi sbagliavo.

Mi sentivo sfinita, come se fare l’amore mi avesse privato di tutte le energie. Avevo voglia di abbandonarmi al sonno fra le sue braccia, ma non potevo farlo. Se non mi fossi svegliata in tempo? Se qualcuno ci avesse sorpreso? Come avrei potuto giustificare di essere addormentata nuda nel letto del Principe? L’enormità di quel fatto mi impressionò. Ero solo la sua guardia… se davvero Kyn fosse salito al trono, suo padre gli avrebbe imposto una sposa. Che molto probabilmente lo avrebbe odiato e non avrebbe mai capito che persona meravigliosa era. Mi sfuggì un singhiozzo.
“C’è qualcosa che non va?” mi domandò preoccupato, accarezzandomi.
“E’ strano… dovrei essere felice… lo sono… forse sono troppe emozioni tutte insieme. Scusami…” cercai di sorridere e di rassicurarlo, poi mi forzai ad alzarmi e a ricompormi.
Kyn dormiva profondamente quando tornai nella stanza. Mi trovai una sistemazione comoda e mi addormentai anche io.

La situazione finì per complicarsi ancora: il tempo per stare insieme non ci bastava mai ed eravamo costretti a inventarci le cose più strane. Non era questione di avere qualche minuto per scambiarci un bacio, su quel fronte eravamo diventati abilissimi. Ma per far l’amore avevamo bisogno di calma e di tempo, di un posto sicuro dove nessuno avrebbe potuto sorprenderci, e non era facile. Curiosamente, sembrava che più Kyn era appagato dalla sua vita privata, più trovava energie per occuparsi anche del governo. Io da un lato ne ero felice, mi sembrava che fosse più sereno, e dall’altro temevo quello che prima o poi sarebbe inevitabilmente successo. Suo padre avrebbe dovuto decidere cosa fare, e sarebbe stato di certo un problema, in ogni caso. Le prospettive erano solo due: Re Yiti poteva affidare davvero il governo al figlio, e allora gli avrebbe imposto di formare una famiglia, oppure poteva decidere di sbarazzarsi di Kyn per tenere definitivamente il potere per sé. Comunque, ci avrebbe separati, e quell’idea mi faceva impazzire.

e lo sai benissimo com’è, perchè non è mica la prima volta, e sai che è una cazzata, e che ti farai malissimo, ma la fai lo stesso, perchè come ha detto qualcuno, le cose più belle della vita o sono immorali, o sono illegali, oppure fanno ingrassare. ecco, magari ingrassare no, ma è proprio l’unico vantaggio. perchè l’effetto che fa, almeno per un poco, è meraviglioso e irresistibile.
peccato che tra quattro giorni io compia 40 anni.

Il nuovo gruppo

Ho trascurato le disavventure della povera Mia, alle prese col suo amore impossibile per il principe malato… in realtà è quasi tutto scritto, devo solo dargli una risistemata e pubblicarlo, ma sono stata molto presa in queste ultime settimane.
Già l’avvicinarsi delle feste ha provocato un aumento degli impegni (e manca una settimana e ho ancora dei regali da prendere!!) l’altra mezza giornata lavoro in ufficio, e la sera per una serie di combinazioni avevo un sacco di impegni tutti negli stessi giorni. Poi mi sono anche presa un malanno, per fortuna in due giorni ero di nuovo in forma.
E poi ho ripreso a giocare a D&D, anche se questa volta con la seconda edizione, che praticamente non conosco. Ero un po’ prevenuta, gruppo nuovo, facce conosciute (poco) per altri giochi in cui non sono riuscita ad inserirmi, un gruppo poi particolarmente numeroso (siamo NOVE giocatori più il master) in cui sono l’unica ragazza. Un po’ retro, proprio come l’edizione che usiamo!
Per il momento abbiamo giocato tre volte e sono molto soddisfatta: il bg della mia pg mi sa che presto finirà qui, e mi ci sono già affezionata un sacco. Il master dice di essere fuori allenamento, ma secondo me lo dice apposta… tenere a bada così tanti giocatori (casinisti, tanto) è già una cosa notevole, e ha costruito la storia attorno ai personaggi, dopo averci lasciato la massima libertà nel crearli. Ora capisco perchè abbiamo fatto le schede a settembre per iniziare a giocare a fine novembre… Tra una sessione e l’altra manda messaggi che aumentano la voglia di giocare! Proprio come il gruppo di Alfa ai tempi d’oro. Sono curiosissima di capire che cosa succederà mercoledì prossimo! Ho un’idea, ma non ho assolutamente capito se posso metterla in pratica o se sono clamorosamente sulla strada sbagliata…
Abbiamo anche messo su un sito per raccogliere il materiale, e anche questo mi ricorda tanto il mio amato gruppo del passato. Ci sono già tre giocatori che hanno pubblicato i resoconti, e un quarto si aggiungerà di certo… più di metà del gruppo, è un ottimo risultato.
Mercoledì scorso, Max dice “bene, e con questo ci vediamo la prossima settimana” e ottiene un coro di proteste perchè era GIA’ finita la sessione… ecco, questo è l’unica pecca che ci vedo finora, ma con un gruppo così numeroso non può che capitare. A volte prima che riesci a fare qualcosa, o che tocchi a te, passa così tanto che praticamente giochi davvero per cinque minuti a serata. Ma se prima o poi gli sforzi del master per unire il gruppo verranno coronati da successo (al momento praticamente ognuno sta facendo beatamente il c… che gli pare indipendentemente dagli altri o quasi, e c’è il chierico che davvero non vedo come possa essere compatibile con il mago (e con me che sono amica del mago) e si sta guadagnando occhiatacce anche dagli altri per la sua intolleranza) immagino che anche questo problema si risolverà almeno parzialmente.

Appena finisco di pubblicare il bg di Mia (che per la cronaca non ho più giocato, sembra che trovare una sera che vada bene per tutti sia un’impresa impossibile) passo a quello di Sati. Che però è da scrivere, praticamente. Perchè alla fine avevo spiegato a Max cosa volevo fare e poi prima che lo scrivessi in forma ordinata mi è arrivata una mail che conteneva una proposta di background quasi perfetta, e così non l’ho mai finito. E poi i bg si scrivono quasi sempre in prima persona, ma questa forma non mi soddisfa molto, penso che lo “girerò” in terza.

Mia & Kyn Parte II

“Andiamo a fare una passeggiata nel parco? Ti va?”
“Va bene. Ma non prenderai freddo?”
“Scherzi, vero? C’è il sole…”
“Non esci quasi mai. Mi preoccupo solo per la tua salute”
“Ascoltami. Non sono malato, chiaro? Non devi dare retta a tutte le storie che senti”
“Non lo faccio. Anzi… è sempre più difficile non rispondere e smentire tutte le sciocchezze che sento su di te… prima o poi succederà e mi metterò nei guai”
“Ne circolano così tante? Beh, cerca di non farlo. Se ti metti nei guai dovrei rinunciare alla tua compagnia e non credo di poterlo fare” rispose tutto d’un fiato, poi tacque imbarazzato. Arrossii anche io.
Rimasi in silenzio, non sapevo cosa rispondere.
Uscimmo, spingere la sua sedia sul terreno irregolare del parco non era molto agevole, ma feci del mio meglio per non farglielo notare. Mi piaceva stare nel bosco, eravamo tranquilli e il rischio che qualcuno ci sentisse parlare era bassissimo.
Ci fermammo vicino al laghetto.
“Mi aiuti? Vorrei mettermi lì” indicò il tronco caduto su cui mi ero seduta.
“Ma… non sarà un’imprudenza?” esitai
“Ho bisogno che mi aiuti” ribattè deciso
Con mio enorme stupore, una volta che lo ebbi aiutato ad alzarsi, Kyn mosse un paio di passi verso il tronco. Incerti, e col mio sostegno, ma ci riusciva.
“Tu cammini!” non riuscii a trattenermi
“Sì, così, e giusto perché sono pochi passi. Non ho abbastanza forza per fare altro” mormorò triste
“Scusa, non sono affari miei”
“Potrebbero diventarlo, se ora non mi picchi… c’è una cosa che devo dirti” Lo guardai, il tono della sua voce era strano “Credo… credo di essermi innamorato di te”
Rimasi senza parole. Pensai che ero la prima persona, dopo sua madre, a non trattarlo come un malato, e che era certamente questo, ma poi non riuscii a dirglielo.
“Non importa, non cercare qualcosa da dire a tutti i costi. Non avrei dovuto…” disse in fretta
“No, tenersi tutto dentro è peggio” dissi maldestramente
“Guarda che ti capisco, non credo che al tuo posto avrei il coraggio… lo so che ce ne vuole. Anche solo a fare quello che stai facendo ora… stare sempre con me”
“Lo faccio perché mi fa piacere farlo. Solo… solo non ho mai pensato che potesse… mi hai colto di sorpresa. Io sto bene con te, davvero” ero sincera. Alzai gli occhi e incontrai il suo sguardo. Non riuscii più a distoglierlo finchè non fui appoggiata a lui, la sua mano che percorreva la mia spalla come se dovesse impararne ogni singolo millimetro. Mi baciò i capelli e io sentii come un brivido che mi attraversava. Alzai la testa e ritrovai i suoi occhi. Sorrisi, mormorando il suo nome. Ci scambiammo un lungo bacio.
Faticai a ritrovare la mia abituale razionalità.
“Kyn… ora dovremo fare ancora più attenzione. Io… tu… prima… io non posso perdere il controllo. Io devo occuparmi della tua sicurezza, è il mio compito e viene prima di tutto… deve”
Era tutto ancora più complicato. Ma mi sentivo bene come non mi era mai capitato.
Andammo avanti per qualche settimana in quel modo, rubando il tempo per stare abbracciati e baciarci.
Poi un giorno, mentre eravamo nel porticato interno, gli salvai la vita quasi per miracolo. Non ho idea di come riuscii a captare il movimento della freccia che era stata scoccata, sono certa che non riuscirei a rifarlo nemmeno se riprovassi mille volte.
Lo gettai a terra facendogli scudo e sentii la freccia che si conficcava nella mia carne. Lui capì subito che ero stata ferita, ma gli impedii di muoversi. Attendevo il secondo colpo, dovevo proteggerlo.
“Non ti muovere, è pericoloso”
Arrivarono almeno altre due frecce, ma scagliate con incredibile inesattezza. Caddero sul terreno a qualche metro da noi, poi sentimmo delle grida e capii che qualcuno s’era accorto di ciò che stava capitando. Cercai di sollevarmi un poco, ma la spalla mi faceva troppo male e ricaddi goffamente a terra.
Kyn sembrava vicino a una delle sue crisi e mi spaventai. Non adesso, per favore… non ce la faccio.
“Sto bene, non mi guardare così”
“Se ti potessi vedere… non lo diresti”
“Bisognerebbe aver più forza per poter usare la magia” sussurrò esausto
“Tu… hai deviato le frecce…” compresi
“Ma la prima ti ha colpito”
“Stai tranquillo” cercai di rassicurarlo, ma le forze mi stavano abbandonando.
Ripresi conoscenza in un letto dell’infermeria. Assurdamente lo cercai con lo sguardo, ma non c’era nessuno. Poco dopo venne una delle mie compagne, Johanna, a controllare come stavo.
“Il Principe…” cercai di domandare senza tradirmi
“Sta bene, lo hai salvato. Incredibile… ti ha proprio stregato, il ragazzino. O il contrario… ad ogni modo, ho ordine di andare a prenderlo subito”
Kyn entrò pochi minuti dopo. Sorrise incrociando il mio sguardo e temetti di non essere abbastanza brava a recitare.
“Ti devo la vita”
“Ho fatto solo il mio dovere, Vostra Altezza. E’ il mio compito garantire la vostra salvezza”
“Sei stata ferita per colpa mia… mi sento responsabile”
“L’importante è che voi stiate bene, Mio Signore” mi affrettai a rispondere. Era troppo sincero e troppo partecipe, lontano da quell’immagine che amava dare di sé. Johanna forse capì, perché chiese il permesso di uscire dopo aver mostrato al Principe il campanello per chiamare quando avesse voluto andarsene.
“Come stai?” mi domandò subito
“Bene, stai tranquillo. Ho la pelle dura. Ho solo bisogno di un po’ di riposo e poi starò bene”
“Possiamo fidarci di… non conosco nemmeno i nomi delle mie guardie!”
“Johanna. Credo di sì, non rientrerà. Non ha nessuna voglia di fare la balia, né a me né a te”
Kyn avvicinò la sua poltrona al letto e poi con fatica si alzò. Non potevo aiutarlo e temevo che si facesse male. Sedette sul bordo del letto e mi prese la mano.
“Puoi… puoi sostenermi? Vorrei tirarmi un po’ su” gli chiesi, esitante. Era strano chiedere aiuto a lui.
“Cosa vuoi fare? Non sono un granchè come appoggio”
Mi strinsi a lui e Kyn mi circondò subito col suo abbraccio. Provai a rilassarmi, ma una parte di me restava vigile e preoccupata. Se fosse entrato qualcuno… anche se avessero bussato, Kyn non sarebbe riuscito a tornare sulla sua poltrona in fretta.
“Ho avuto paura” mormorò accarezzandomi
“Anche io. Ero certa che sarebbero arrivati altri colpi…”
“Ti avrebbero ucciso. E io sarei rimasto al sicuro sotto di te”
“Non avevo molta scelta. Per provare a rispondere avrei dovuto lasciarti allo scoperto, non potevo farlo”
“Ma ti avrebbero uccisa” ripetè
“Kyn, il compito di noi guardie è garantire la tua incolumità. A qualunque costo”
“Lo hai fatto perché è il tuo compito?” lo sentii irrigidirsi
“Non solo per quello” lo rassicurai “Non mi avevi mai detto di saper usare la magia…”
“Non so far molto… sono un uomo. La mamma ci teneva molto che imparassi comunque qualcosa”
“Mi hai salvato la vita. Grazie”
Rimasi ancora un momento in quell’abbraccio, poi gli suggerii di ricomporsi. Non poteva restare troppo a lungo, avrebbe destato sospetti.
“Posso tornare domani?”
“Sei il Principe, credo tu possa fare tutto quello che vuoi” risi “Torna, ti prego. Sarà una lunga giornata senza di te. E fai attenzione… non stare all’aperto, evita le finestre…”
“Non essere paranoica!” mi interruppe
“Hanno cercato di eliminarti, Kyn. Ho solo paura per te. E odio non essere al mio posto, dover delegare a qualcuno la tua sicurezza”
In realtà sonnecchiai per quasi tutta la giornata, mi sentivo uno straccio.
Cercai di avere notizie riguardo all’attentato, ma non ne ricavai molto. Kyn se ne era disinteressato, gli spiegai perché non doveva farlo, ma non mi parve che gli importasse. Stavo cercando di insegnargli a diventare un buon sovrano, mi resi conto, usando quello che avevo imparato dalla Regina e ciò che avevo studiato. Ma Kyn difficilmente sarebbe salito davvero al trono. Finimmo per litigare, su questo argomento.
“Mia, sembra che ti sfuggano completamente le mie condizioni”
“Non è vero. Ma non sono un ostacolo insormontabile. Lo sono solo se tu lo permetti. E poi… potremmo fare qualche ricerca, magari c’è qualche medico più bravo di quello che ti segue…”
Si infuriò. Disse che non ne voleva sapere e che tanto non c’era nulla da fare. Mi confessò, al culmine di una vera e propria crisi di nervi, che la sua malattia era progressiva e che prima o poi sarebbe stato completamente incapace di muoversi e di badare a se stesso. Ammutolii. Non lo sapevo, non ci avevo mai pensato. Forse mi ero anche illusa, vedendo che con qualche sforzo riusciva a reggersi in piedi. Forse addirittura avevo pensato di poterlo salvare io. Piansi insieme a lui, incapace di dire qualcosa di sensato.
“Basta, Mia. Non parliamone più, per favore. Non ci voglio pensare…”

prova di fotogallery

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I modelli, che problema

Buffo, no?
Scrivo una cosa, sono tutta soddisfatta perchè è abbastanza diversa dalla solita storia a cui finisco per tirare ogni cosa che scrivo. Poi ne faccio un accenno, così, molto superficiale, e Fulvio mi dice “Ah, stavolta ti sei ispirata a Sanderson”. E, maledizione, ha ragione. Solo che non me ne ero accorta. Pensavo di essermi limitata all’ultimo numero di un fumetto che ho letto, quella era una fonte di ispirazione conscia e nota. Sanderson no. E’ che ormai deve essermi entrato talmente dentro che l’ho digerito e fatto mio e non me ne rendo neppure conto… mah.
Ad ogni modo, se vi interessa, seguite la linguetta in alto con la scritta “racconti”.

Mia & Kyn Parte I

Quando fui convocata dal direttore ero molto preoccupata: non mi sembrava di aver commesso nessuna grave mancanza, ma non riuscivo a vedere nessun altro motivo per ricevere un messaggio come quello.
E invece mi fece i complimenti e mi disse che alla fine del mese sarei passata direttamente alla Guardia Reale. E’ un grande privilegio, normalmente non si passa dall’Accademia alla Guardia, c’è un apprendistato in mezzo, lungo e faticoso. Immagino che lei fosse lieta della cosa anche pensando a quanto il prestigio della scuola sarebbe cresciuto, erano molti anni che non accadeva.
Mi è subito piaciuto, il nuovo ambiente. Mi sono inserita facilmente, e con mio grande stupore mi sono resa conto che non era così difficile primeggiare. Tutti dicevano continuamente che non avevano mai visto un’elfa con un’attitudine così naturale e io li ho sempre lasciati dire, senza rivelare le ore di esercizi supplementari una volta finite le lezioni. Non sarebbe servito a nulla e forse mi avrebbe reso solo antipatica.
Ero lì da meno di un anno quando la Regina Linamel mi avvicinò e mi domandò se di tanto in tanto mi sarei allenata insieme a lei. Mi stupii molto, perché era un grande onore e ovviamente lei aveva i suoi maestri personali. Ma disse che si annoiava e che desiderava mettere alla prova le sue capacità con persone nuove, e che mi aveva scelto proprio perché ero nella Guardia Reale da poco tempo. Era forte e molto preparata e iniziai quasi a temere quegli appuntamenti. Era difficile mantenere l’equilibrio tra il mostrarle che ero brava anch’io e il non rischiare di metterla in difficoltà nemmeno per sbaglio.
Se ne accorse.
“Ti trattieni, vero? Voglio la verità, Mia. Non mentire” mi disse, dura, dopo avermi messo all’angolo.
“Io… voi siete la Regina…” ammisi
“Sono stufa! E’ peggio che essere in gabbia! Speravo che almeno tu… magari essendo qui da poco non avevi ancora preso certe abitudini”
Subii la sfuriata in silenzio a capo chino, certa che fosse l’ultima volta che l’incontravo. Invece la settimana dopo mi confermò il solito appuntamento.
“Ho visto un guizzo nel tuo sguardo, l’altra volta. Mi ha fatto pensare che qualche speranza ci possa essere. Ma guai se fingi ancora” mi disse decisa, e poi iniziò ad attaccare senza avermi neanche dato tempo di dire una parola.
Andò meglio. Mi divertivo perfino, a impegnarmi fino allo stremo per tenerle testa. Ora che facevo sul serio, non era cambiata di molto la percentuale di volte in cui mi batteva. E questo bruciava terribilmente, per cui passavo tutto il mio tempo libero ad allenarmi.
La ammiravo. Era molto bella e ora che il nostro rapporto era più schietto notavo anche quanto fosse intelligente. Purtroppo era molto sfortunata: aveva sposato un tale Yiti, ovviamente nobile e appartenente a una delle migliori famiglie della capitale, ma l’unione non era mai stata felice. Avevano avuto un unico figlio, maschio. Voci di palazzo dicevano che fosse molto malato e che non potesse neppure camminare. Io non lo avevo mai visto, se non una volta da lontano durante una cerimonia ufficiale.
Tutti i tentativi di avere altri figli erano stati infruttuosi, ma la Regina aveva rifiutato di fare l’unica cosa che sarebbe sembrata ovvia in quella situazione, ovvero ripudiare il marito dando a lui la colpa di quel problema e procurandosene un altro, con una figlia femmina che poi lei avrebbe legalmente adottato facendone così l’erede al trono. Una volta ne parlammo, la nostra confidenza era cresciuta notevolmente e quasi sempre eravamo sole in palestra, senza orecchie indiscrete. Mi disse che le sarebbe sembrato un torto terribile verso il figlio e mi confidò che stava facendo approvare una legge che gli avrebbe consentito di salire al trono anche se maschio.
Fu poco dopo quella conversazione che lo conobbi.
Mi aspettavo un ragazzino, e invece doveva essere mio coetaneo. Aveva l’aria triste e seria e quando entrai in palestra era già lì, seduto in una poltrona imbottita che dovevano aver portato apposta.
“Vieni, ti presento mio figlio. Era curioso di vedere un mio allenamento, spero non ti dispiaccia”
“Se questo è il vostro volere…” risposi rispettosamente e mi inchinai davanti al ragazzo.
Aveva l’assurdo e impronunciabile nome Kyn’hin’eew, ma la Regina lo chiamava Kyn. Doveva amarlo molto, si percepiva in maniera quasi tangibile vedendoli insieme.
Ero a disagio sotto quello sguardo attento e indagatore e commisi molti errori stupidi.

Poi tutto precipitò troppo in fretta. La Regina Linamel si ammalò e morì nel giro di poche settimane, lasciando il paese senza una guida. Suo marito Yiti prese il potere dicendo che il figlio non era ancora pronto e non ci volle molto a capire che fare il Re gli piaceva. Io ero tornata alla vecchia vita quando ricevetti un messaggio da palazzo.
In poche parole, il Re mi ordinava di trasferirmi per occuparmi della sicurezza personale del giovane Principe. Stupita, obbedii.
Eravamo un gruppetto selezionato, e dovevamo occuparci del ragazzo, accompagnarlo ovunque decidesse di andare. Mi sembrava che fossimo più delle dame di compagnia che una Guardia Reale e che il Re stesse solo cercando di tenere il figlio occupato. Non correva alcun pericolo, era solo un ragazzo malato che passava quasi tutto il giorno chiuso nella sua stanza o al massimo in biblioteca. Si diceva avesse un brutto carattere, fosse capriccioso e indisponente, non dava confidenza a nessuno. Non mi piaceva quel lavoro. Sembrava una punizione anche se mi era stato presentato come un avanzamento di carriera e iniziai a sospettare che il Re volesse isolarmi a causa del rapporto che avevo avuto con la Regina. Le altre ragazze della Guardia erano giovani e inesperte e a nessuno faceva piacere essere lì.
Il Principe era davvero malato. Le voci sul suo conto erano vere. Non camminava, e stava seduto su una specie di poltrona a cui erano state applicate delle ruote per poterla spostare più facilmente. Capitava spesso che venissimo congedati in maniera brusca con la motivazione che il Principe non si sentiva bene.
“Non sei felice, vero?” mi domandò diretto un pomeriggio, approfittando di un momento in cui non c’era nessuno oltre a me nella stanza.
“Affatto… Vostra Altezza. E’ un onore per me essere nella vostra Guardia”
“Hai esitato. E non riesci a chiamarmi Vostra Altezza”
“Ma no, cosa dite!” mi inchinai profondamente, sperando di essere convincente. Avevo paura.
“Detto fra noi, è un appellativo ridicolo, e hai tutte le ragioni”
“Prego?”
“Ho detto che se ti dà fastidio puoi smettere di chiamarmi in quel modo. Conosci il mio nome. Chiamami Kyn. Odio tutto quel formalismo”
“Non posso, Mio Signore. Lo sapete bene. Nessuno crederebbe mai che siete stato voi a chiedermelo e passerei solo dei guai”
“Fallo solo quando siamo soli. Nessuno mi chiama così ora che non c’è più mamma. E tu le eri amica” disse abbassando la voce “Il tuo nome… ti chiami Mia, vero?”
Annuii in risposta. Lo ricordava da quel fugace incontro che avevamo avuto, me ne stupii. Sembrava sempre così indifferente…
“Vi manca molto… anche a me” sussurrai
“Ti va di raccontarmi qualcosa di lei?”
Parlai per qualche minuto, a mio agio, poi udii dei passi nel corridoio. Mi ricomposi.
“Arriva qualcuno, Kyn” lo avvisai. Mi venne naturale davvero usare la sola parte iniziale del suo nome. Lui sorrise complice e iniziò a parlare ad alta voce degli impegni del giorno successivo.
La volta successiva che restammo soli tornò all’attacco.
“Non mi hai risposto, l’altro giorno. E’ vero che sei infelice? Non ti piace questo lavoro, vorresti tornare indietro”
“E’ vero, vorrei tornare indietro, ma non al mio vecchio lavoro” risposi sinceramente
“Ti dà fastidio doverti occupare di un invalido”
“No, questo non è vero”
Continuò a incalzarmi finchè persi le staffe e gli risposi per le rime, usando il tu e chiamandolo per nome. Sorrise soddisfatto.
“Vedi che ci riesci?”
“Mi dispiace… perdonatemi, io…”
“Smettila, per favore. E continua a parlarmi in quel modo”
Alzai la testa stupita
“Ti piace farti trattare male?”
“Se me lo merito… Sei la prima persona che si comporta in maniera naturale con me, almeno quando sei arrabbiata. Ma non intendo passare il tempo a farti perdere il controllo… è troppo faticoso”
Risi io a quel punto.
Da quel giorno iniziarono piccoli sotterfugi per restare soli. Era pericoloso, e forse anche per quello ci piaceva. Kyn assomigliava molto a sua madre, aveva lo stesso carattere e la stessa intelligenza pronta. E più lo conoscevo e più non vedevo letteralmente più la sua condizione.
“Stai tranquilla, li ho abituati a essere capriccioso e tirannico. E’ quello che si aspettano da me, quindi lo faccio. E’ molto più semplice. E nessuno si stupirà se di punto in bianco decido che voglio stare solo con te. Anzi, ne saranno lieti”
Così eravamo sempre insieme. Era vero quello che aveva detto. Gli altri non sopportavano molto quel lavoro strano, al pari di me prima di conoscere Kyn, in effetti, ed erano ben felici di lasciare a me la maggior parte delle incombenze. La sera a volte subivo battute pesanti, a cui facevo sempre più fatica a non rispondere. Non avevano alcun rispetto di lui e parlavano apertamente dei suoi problemi, oltretutto ingigantendoli.

Un pomeriggio ero con lui nel suo salottino privato, stava leggendo e io riposavo. L’allenamento nel mattino era stato particolarmente faticoso e forse mi ero procurata uno strappo perché mi faceva piuttosto male un polpaccio. Ad un tratto Kyn lasciò cadere il libro che teneva in mano ed emise un lamento strozzato. Mi alzai di scatto ignorando la fitta e fui subito accanto a lui. Pallidissimo, tremava come in preda a convulsioni. Volevo chiamare aiuto, ma lui mi aveva afferrato per una mano e mi stringeva così tanto che pensai che mi avrebbe rotto qualche osso. Lo abbracciai, sussurrandogli qualunque cosa nel tono più suadente che mi riusciva, considerata l’agitazione che provavo. Gli dicevo che sarebbe passato in fretta, ma in effetti non avevo la minima idea di che cosa gli stesse succedendo, né cosa potevo fare per alleviargli quella crisi. Istintivamente controllai la finestra, ma era chiusa e intatta. Per un attimo avevo pensato a un attentato, a un dardo avvelenato, ma era impossibile. Lentamente, si calmò e allentò la stretta sul mio polso. Era sfinito e crollò in uno stato di semincoscienza.
“Kyn, mi senti? Vado a chiamare qualcuno… torno subito”
“No” si lamentò
“Deve vederti il medico”
“Non serve a nulla” mormorò “Mi darà solo del calmante… non voglio dormire. Resta qui, per favore”
“Kyn, potrebbe essere pericoloso…”
“Ogni tanto mi succede… mi spiace. Non devo essere stato un bello spettacolo”
“Non ti preoccupare di questo”
Recuperò un poco di forze, vidi il suo sguardo mettersi a fuoco.
“Vai a chiamarlo, ma minimizza un poco”
“Stai male di nuovo? Perchè hai cambiato idea?”
“Non posso fingere che non sia successo… se ne accorgeranno, e tu passerai dei guai… vai”
Come aveva detto, il medico non si scompose più di tanto. Gli diede un calmante e mi cacciò.
Dormii male quella notte, preoccupata per le sue condizioni. Mi domandavo se tutte le altre volte che ero stata allontanata in maniera più o meno brusca era stato in conseguenza di una crisi come quella. Avrei voluto saperne di più, ma lui non sembrava mai disposto a parlare della sua salute.
Il giorno dopo mi presentai in servizio con un vistoso livido dove mi aveva stretto e attesi con ansia il momento di salire nei suoi appartamenti. Temevo di venire fermata, che mi dicessero che non dovevo andare, ma non fu così. La cameriera mi disse che il Principe era ancora a letto ma che aveva chiesto di lasciarmi passare lo stesso.
“Ciao” aveva l’aria malata e sembrava senza forze
“Vostra Altezza… come state?” ero a disagio, era raro che gli parlassi in pubblico e quelle formule pompose mi uscivano con difficoltà.
“Così… non troppo bene. Grazie di essere venuta lo stesso”
“Sono ai vostri ordini, Altezza. Come sempre”
Congedò la cameriera dicendo che tanto c’ero io e assicurandole che l’avrebbe fatta chiamare se aveva bisogno di qualcosa.
“Ciao”
“Ciao”
Ci guardammo con intensità.
“Te l’ho lasciato io quel livido?” domandò preoccupato
“Sì” sorrisi minimizzando “Non è nulla, andrà via in fretta”
“Scusa”
“Kyn, non posso restare qui… io dovrei montare al massimo la guardia davanti alla tua porta”
“E se qualcuno cercasse di introdursi dalla finestra?”
“Grideresti e io entrerei a salvarti”
“Mi sento più sicuro se stai qui”
“Credi davvero a quello che dici o ti stai prendendo gioco di me?”
“Un po’ e un po’… tu conosci bene il palazzo, eri già qui con mia madre… credi che importi a qualcuno della mia vita?” era improvvisamente serio. Repressi la voglia di rispondere “a me”. Non era più solo lavoro, forse era proprio per via di quello che avevo visto il giorno precedente.
Parlammo finchè non fu troppo stanco per proseguire, mi disse che il padre lo stava spingendo a occuparsi di più del governo, che voleva affidargli degli incarichi.
“Cosa ne pensi? Ti interessa occupartene?”
“Mio padre deve avere un piano… devo solo capire quale. Non voglio farmi manovrare”
“Giusto. Se posso aiutarti… terrò le orecchie aperte. Questa cosa che il Re voglia lasciarti dello spazio mi giunge nuova, e se posso permettermi, penso che tu abbia ragione. E’ strano”
Yiti era un uomo egoista e assetato di potere, doveva esserci un trucco. Forse voleva sbarazzarsi di quel figlio scomodo, mandandolo allo sbaraglio e facendo sì che suscitasse qualche antipatia di troppo. Oppure voleva usarlo come paravento per i suoi trucchetti. Nessuna delle due prospettive mi piaceva.
Così alla fine quell’incidente ci unì ancora di più. Kyn mi affidò il comando della sua guardia personale e pretese che fossi sempre con lui, anche nelle occasioni ufficiali. Presi più sul serio il mio lavoro. Ora che Kyn si occupava anche di qualche questione pubblica non era più così insensato che potesse correre dei rischi. Quasi nessuno osava mormorare sul nostro conto a causa della sua salute. E se questo era assurdo da un lato, per altri ci tornava comodo.

assaggino n.4

“Berkick…”
“Dimmi, Lyos. Hai bisogno di qualcosa?”
“No… io… ti va di parlare un poco? Mi puoi spiegare dove siamo… e cosa ci fai qui?”
“Ah. Sì. Dunque… siamo a Eastmere. Ho ricevuto un messaggio… No, aspetta, credo di dover iniziare dal principio, Elenj mi ha detto che sono un paio d’anni che non sei a Ylis…”
“Elenj? La conosci? Cosa… come sta?” una nota d’ansia nella voce.
“Bene, mi sembra che stia bene. Non la conosco molto, però. Non sembra disposta a darmi confidenza…”
“Non me ne stupisco” quasi sorrise
Berkick osservò la differenza di comportamento: l’elfa sembrava più che altro preoccupata di difendere la propria vita privata, Lyos invece aveva una nota di rimpianto nella voce.
“Senti, c’è una cosa che devi sapere… mi dispiace doverti dare questa notizia… mio padre, Devon, è morto qualche mese fa. Ora sono io il medico di Ylis”
“Ah. Lo temevo, quando mi hai detto… ma poi ho sperato che semplicemente non se la sentisse di viaggiare o che ti avesse mandato a fare esperienza…”
“Da quel che ho capito voi due eravate amici. Non credo che avrebbe delegato il recupero di un amico in difficoltà, anche se alla fine io non è che lo conoscessi molto…”
“Ma come hai saputo…?”
“Avevi una lettera indirizzata a mio padre. L’hanno trovata e hanno provato a recapitargliela, l’ho letta io. Gli chiedevi di occuparsi di te…”
“Ah… sì. L’avevo quasi dimenticata. Però io non… non credo di voler tornare a Ylis”
“Non ti preoccupare, per il momento non puoi andare da nessuna parte”
“Non so se è proprio consolante” cercò di rispondere allo scherzo, ma senza riuscirci “Sii sincero, per favore. Non voglio un medico pietoso che non mi dica la verità per proteggermi”
“Non lo farò, Lyos. Una delle abilità di un medico è anche capire qual è la maniera giusta di comportarsi col paziente. Ed è più che evidente che con te devo essere sincero, stai tranquillo” portò due tazze fumanti sul tavolino e si sedette “Sei ridotto male, ma non mi pare che ci sia nulla di irreparabile. Il tizio qui che ti ha soccorso non è molto attrezzato, ma ti ha medicato e ha curato le ferite meno gravi in maniera efficace. L’unica che ancora mi preoccupa è la gamba, aveva fatto infezione, ti ho acciuffato per un pelo”
“Recupererò?”
“Me lo auguro. Non posso ancora assicurartelo”
“Va bene. Grazie per avermi spiegato”
“Tu come ti senti? Alla fine è questo l’importante”
“Un po’ pesto. La gamba mi fa male”
“Meglio così, se non la sentissi sarebbe preoccupante. Ora hai bisogno di riposare, ci vorrà del tempo, sarà noioso, temo”
“Farò del mio meglio per farti impazzire” ammiccò.

Le ferite di Lyos guarirono con una rapidità sorprendente, nel giro di una settimana si erano richiuse tutte e non c’erano più minacce di infezioni pericolose. Ovviamente era sempre bloccato a letto, ma Berkick iniziava a chiedersi se anche l’osso si stava saldando con la stessa velocità. La simpatia che avevano provato reciprocamente uno per l’altro si era trasformata in amicizia e questo consentiva loro di far passare meglio il tempo, discutendo di un po’ di tutto. Berkick era un uomo colto, che sapeva molte cose oltre alle conoscenze mediche, e aveva sfruttato volentieri i propri contatti in città per procurare all’amico qualche buona lettura.
“Non ci sarà bisogno di te, a Ylis? Mi sento in colpa a sottrarre loro il medico così a lungo… non sono più in pericolo di vita”
“Ho lasciato il mio assistente, è bravo quanto me. E non hanno ancora avuto modo di affezionarsi a me tanto da sentire la mia mancanza…”
“Comunque, quando decidi che ne hai abbastanza, vai pure. Non è un problema, resterò qui finchè non potrò muovermi, sono certo che in cambio di un affitto mi concederanno questa stanza quanto voglio”
“Non mi va di lasciarti solo. Lyos, la parte difficile deve ancora venire. Quando la gamba sarà in grado di reggerti dovrai riprendere tutto da capo”
“Lo so, sarà dura” ammise
Berkick non osò proseguire dicendogli che non era affatto certo che sarebbe riuscito a recuperare davvero in maniera completa.

Se la guarigione di Lyos dal punto di vista strettamente fisico fu straordinariamente rapida, lo stesso non si potè dire della sua ripresa.
Berkick era angosciato non meno di lui, vedendo avverarsi le sue più nere previsioni.
Nonostante gli esercizi di riabilitazione la gamba sembrava irrimediabilmente offesa e non lo sosteneva. Lyos era di cattivo umore e trattava male chiunque entrasse in contatto con lui, incluso Berkick.
Rifiutava di usare il bastone che il medico gli aveva fatto costruire, dicendo che così si sarebbe adattato a fare l’invalido, e continuava a combattere quella battaglia a modo suo, affrontando a testa bassa l’avversario.
“Lyos, sono troppe settimane che sono via. Io devo rientrare”
“Ti sei stufato di me, eh?”
“Piantala. Lasciarti in queste condizioni è l’ultima cosa che vorrei fare, ma io ho dei doveri nei confronti di Ylis, devo tornare”
A quel punto Lyos gli attaccava una scenata sull’uso dell’espressione “in queste condizioni”, accusandolo delle peggio cose, Berkick lo lasciava sfogare senza scomporsi.
Poi una sera, improvvisamente, lo fermò mentre stava per andare nella sua stanza a dormire.
“Credi che potrei venire con te? Non mi reggo in piedi, ma posso viaggiare?”
“Certo che puoi. Utilizzeremo la via commerciale, il viaggio sarà forse più lungo ma molto più agevole”
“Pensi che potrai fare qualcosa per me una volta nel tuo studio?”
“Non voglio illuderti, Lyos. Non capisco che cosa ancora non va… le ferite sono guarite, l’osso s’è saldato. Io temevo che potessi avere qualche problema, essere incerto o magari zoppicare… non questo. Non trovo una spiegazione”
Lyos imprecò, prendendo a pugni il tavolo che aveva davanti.
“Non di nuovo… per favore, basta!” la voce gli uscì in un lamento strozzato, tanto che Berkick per un attimo pensò che stesse piangendo “Non voglio ricominciare di nuovo tutto… sono stanco… speravo che fosse la volta buona”
“Mi dispiace, Lyos. Vorrei dirti che ne uscirai certamente, ma non posso farlo. Non ho idea di che cosa stia succedendo”
“Lo so, non è colpa tua. Sono insopportabile, vero?”
“No, sei arrabbiato, e hai diversi buoni motivi per esserlo. E non mi va di lasciarti qui da solo a macerarti. Vieni con me a Ylis. Qualunque problema tu abbia lasciato laggiù non può essere qualcosa che non possiamo risolvere”
“Lo sai qual è il problema, lo hai capito benissimo. E… in realtà non c’è un problema. E’ solo che non ce la facevo a stare lì, a vederla ogni giorno, faceva troppo male. Così me ne sono andato. Non è una maniera molto adulta di risolvere, vero?”
Berkick abbozzò un sorriso e andò a prendere qualcosa da bere per entrambi.
“Vuoi parlarne?”
“E’ tutta colpa di mio padre. Mi ha sempre trattato come un burattino nelle sue mani… fa così con tutti, credo non gli sia mai passato per la mente che magari sua moglie o uno dei suoi figli voleva fare qualcosa di diverso da ciò che lui aveva stabilito…”
“Ma tu lo hai fatto”
“Già. E questo è il premio” commentò ancor più amaramente “Senza una casa, senza un futuro, guarda come mi sono ridotto. Ne sarebbe felice, se lo sapesse”
“E’ finita così male?”
“Peggio di quanto tu possa immaginare. Mio padre aveva organizzato tutto, aveva sistemato ognuno dei suoi figli nella maniera che a lui tornava più opportuna, stabilito buoni matrimoni per le mie sorelle… io dovevo diventare monaco, ovviamente dovevo distinguermi in maniera particolare e diventare nel più breve tempo possibile il Sommo Maestro di Ylis”
“Caspita”
“Ti immagini il potere di Ylis accostato a quello della casata Kirshartel?”
“Non sono esperto di politica, ma quello che intravvedo mi spaventa”
“E il guaio era che quella vita mi piaceva, e molto. Ho studiato a Fari, ci sei mai stato?”
“No. Dov’è?”
“A nord, sul mare. E’ un posto incantato… Ancora mi chiedo perché mi mandò lì… è così diverso da lui”
“Beh, chissà. Forse esageri a vederne solo il male… forse dopotutto un po’ tuo padre ti conosceva e sapeva che lì ti sarebbe piaciuto, o che era più congeniale al tuo modo di essere”
“Ne dubito. Comunque, passai a Fari alcuni anni sereni. Mi piaceva, mi sentivo portato per ciò che stavo studiando e anche umanamente…”
“Nella lettera che mi è stata recapitata hai scritto che se ti avessi trovato morto… se mio padre ti avesse trovato morto… avrebbe dovuto far arrivare i tuoi resti a Fari. Nominavi un certo Cedric…”
“Cedric è il Sommo Maestro di Fari. E’ un uomo meraviglioso, lui e sua moglie, Isa, sono la cosa più vicina a una famiglia che io abbia mai avuto”
“Allora non sarebbe meglio se tu andassi lì, a curarti?”
“Se credi che possa affrontare il viaggio… è lontano. Ed è abbarbicato su una montagna, è tutto un gradino. E’ bellissimo… c’è una scala, ripida e pericolosa, che porta direttamente al mare. Da ragazzino l’ho fatta migliaia di volte, mi rifugiavo lì quando qualcosa non andava…”
“Va bene, forse non è il posto adatto, almeno non subito”
“Poi mio fratello morì. E io lo venni a sapere solo quando mio padre mi richiamò da Fari, diverse settimane dopo… ti rendi conto? Era mio fratello, il più vicino per età, e non sono nemmeno stato informato della sua morte. Lord Kirshartel mi mandò a prendere perché aveva cambiato i suoi piani per me. Niente più monastero, aveva un problema più urgente da risolvere, dovevo tappare il buco lasciato da mio fratello e studiare amministrazione”
“Un cambio repentino… ma tu sei un monaco, adesso. Cosa successe?”
“Mi ribellai con tutte le mie forze, ma non servì a nulla. Finii letteralmente imprigionato nel palazzo della mia stessa famiglia, costretto a seguire lezioni private… immagino che non si fidasse a farmi andare a scuola in città, probabilmente sapeva che sarei scappato alla prima occasione”
Berkick ridacchiò all’idea.
“Ti faccio smettere subito di ridere. Sai chi era la mia insegnante?”
“La tua… oh, per tutti gli dei…”
“Ecco, bravo. Vedo che hai capito”
“Ma che ci faceva in casa di tuo padre?”
“Era… non sono sicuro che vorrebbe che tu lo sapessi… diciamo che lavorava per lui, e che non aveva alternative”
“Mi pare che nessuno ne abbia, con quell’uomo. Sai, mentre venivo qui, l’ho pensato anche io. Ho pensato che dovevo fare molta attenzione, che ci mancava solo più di inimicarmi lord Kirshartel per non essere stato in grado di salvare suo figlio…”
“Come sapevi chi sono? Non mi va che si sappia… cerco di dimenticarlo anche io”
“Me lo ha detto lei. Le chiesi chi eri, visto che nella lettera era citata e quindi immaginavo che ti conoscesse, e bene”
“Ti ha aggredito?”
“Quasi. Cercai di farla ragionare e le spiegai che per me era importante avere qualche indicazione su cos’avrei trovato… volevo almeno sapere la tua età e se eri un guerriero o un intellettuale, le chiesi se sapeva se avevi qualche problema di salute noto. Lei rispose alle mie domande e poi aggiunse il nome della tua famiglia. Dalla lettera avevo capito che eri in rotta con loro, altrimenti non avresti chiesto aiuto a Devon”
“Perspicace, bravo”
“Come sei tornato a fare il monaco?”
“Dopo la rottura definitiva con mio padre. Quando mi cacciò, diseredandomi, persi tutti i miei privilegi materiali ma conquistai la libertà. Finalmente potevo fare quello che volevo davvero. Tornai a Fari a studiare, e poi di lì mi spostai a Ylis su richiesta di Cedric. Ma la vita a Ylis si rivelò più difficile del previsto per via della.. delle cose che mi erano successe da un punto di vista squisitamente personale, e così chiesi di essere assegnato a un lavoro qualsiasi che mi permettesse di stare lontano il più possibile. Ed eccomi qui”

Berkick e Lyos tornarono insieme al monastero. Il viaggio fu lungo ma non troppo pesante e Lyos lo sopportò bene. Il medico ospitò l’amico a casa sua e progressivamente cercò di renderlo indipendente, lasciandolo solo per diverse ore e occupandosi dei propri affari. Lyos dal canto suo si sforzava di proseguire tutti gli esercizi che Berkick gli aveva proposto.
“Non così, finirai solo per farti male” Lyos si bloccò, riconoscendo la voce e maledicendo all’istante l’idea di essere rimasto nel prato davanti all’infermeria anziché rientrare “Ti stirerai i muscoli della schiena, a fare così, e starai peggio”
“Ciao, Elenj” salutò rassegnato
“Come stai, Lyos? Io… quando Berkick mi ha detto…”
“Non bene, come vedi”
“Posso rendermi utile in qualche modo?”
“Sai fare le magie?” replicò amaro
“No. Ma mi occupo di discipline fisiche, sono tornata a insegnare. Se vuoi, ti do una mano. Se non ti dà fastidio la mia presenza…” Elenj esitava, incerta
“E a te non dà fastidio la mia? Sei sicura di volermi vedere tutti i giorni?”
“Lyos, piantala. Non fare finta di essere cattivo, non sei credibile… io ho un debito enorme con te”
“No, Elenj. Tu sei libera di fare ciò che vuoi. Io non ti considero debitrice di nulla”
“Ma io mi sento lo stesso… tu… io ti ho rovinato la vita”
“Senza di te non avrei avuto il coraggio di ribellarmi a mio padre, l’ho fatto per te. Anche per te”
“Hai perso la tua famiglia e i privilegi d’essere un Kirshartel”
“Adesso sono un uomo libero”
“Permettimi di aiutarti a tornare un uomo sano”
Sotto la guida di Elenj Lyos migliorava, inaspettatamente. Berkick osservava stupito, ma senza chiedere nulla di specifico. Assisteva a liti furibonde e a ore di pazienti esercizi, perlopiù fingendo di non essere a portata di orecchie. La sera a cena spesso stava a sentire le lamentele per il carattere di Elenj, per la sua severità, per la mancanza di segnali positivi. Talvolta litigavano anche loro due, Lyos sapeva essere estremamente sgradevole se voleva e più d’una volta Berkick se ne andò sbattendo la porta e poi trovando la cosa completamente insensata, visto che la casa era la sua,..
Finalmente, dopo molte settimane, Lyos riuscì a camminare da solo, senza bastone e senza aiuto. Percorse i metri che lo separavano dall’elfa e poi la travolse abbracciandola. Caddero entrambi nell’erba, ridendo e piangendo nello stesso tempo.
“Grazie”
“Prego”
“Elenj… amici?”
“Quello che abbiamo passato credo che non ci lasci molta scelta… o ci odiamo o diventiamo amici”
“Non credo di volerti odiare. E poi mi sembri pericolosa” lei rise divertita
“Posso esserlo. Ma non c’è gusto con uno buono come te. Lyos… ti stabilirai a Ylis, ora?”
“Sì, sono stufo di vagare per il mondo e qui ho i miei pochi amici. L’unico altro posto dove potrei voler stare è Fari, ma Cedric mi aveva mandato qui”
“Allora resta”

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