8. Il velo dipinto

“L’altro giorno mi ha parlato del Tao” disse Kitty dopo una pausa. “Mi racconti cos’è”.
Waddington le dette un’occhiata, esitò un attimo, e poi con un sorriso lieve sulla sua comica faccia rispose:
“E’ la Via e il Viandante. E’ la strada eterna lungo la quale camminano tutti gli esseri, ma nessun essere l’ha fatta, perchè è essere essa stessa. E’ tutto ed è nulla. Da esso scaturiscono tutte le cose, vi si conformano, e ad esso infine tutte le cose ritornano. E’ un quadrato senza angoli, un suono che le orecchie non possono udire, un’immagine senza forma. E’ una immensa rete, e sebbene le sue maglie siano larghe come il mare non si lascia sfuggire nulla. E’ il santuario dove tutte le cose trovano rifugio. Non è in alcun luogo, ma senza guardar fuori dalla finestra lo puoi vedere. Desidera di non desiderare, è il suo insegnamento, e lascia che tutte le cose seguano il loro corso. Chi si umilia sarà preservato integro. Chi si piega sarà reso dritto. Il fallimento è la radice del successo e il successo il nascondiglio del fallimento; ma chi può dire quando avverrà la svolta? Chi coltiva la tenerezza può farsi eguale a un bimbo. La dolcezza reca vittoria a chi attacca e salvezza a chi difende. Possente è colui che vince se stesso”.
“Ha un senso?”
“A volte, quando ho bevuto una mezza dozzina di whisky e guardo le stelle, penso che forse sì”.

W. Somerset Maugham, Il velo dipinto, ed italiana Adelphi

6. L’economia delle cose

Questa raccolta di racconti la cito nelle mie letture, ma non la commento, almeno non per il momento, visto che sto seguendo un corso in cui lei è insegnante ;)

Ne riparliamo dopo metà aprile!
Mi limito alla citazione:
“Ma lui le aveva risposto che l’amore era un fatto di ostinazione, come la fede. Un punto di vista. Come quello di chi vede forme di animali nelle nuvole”

5. La carta più alta

E potevo non leggere il nuovo romanzo dedicato ai vecchietti del BarLume e al barrista Massimo?
Massimo si infortuna mentre torna dal commissariato, dove è stato convocato da Fusco e deve passare diversi giorni in ospedale bloccato a letto, e la scena si sposta quindi dal bar alla sua stanza d’ospedale.
Il ristorante di Aldo è andato a fuoco e lui ha avuto una proposta per mettersi in società e aprire un nuovo locale all’interno di un centro benessere. Aldo esita, temendo di finire “divorato” dal suo socio, e coinvolge gli amici in una ricerca di informazioni che li porterà a risolvere un nuovo delitto, apparentemente perfetto, avvenuto ormai molti anni prima a Pineta.
Ho trovato ottima l’idea di togliere il bar dal centro assoluto del racconto, arrivati alla quarta puntata rischiava di essere un po’ ripetitivo, e mi è piaciuta molto la figura del dottore che ha in cura Massimo, essenziale nel fornire il supporto scientifico alle teorie che ricostruiscono il delitto.

4. Scarpe Italiane

Scarpe italiane, Henning Mankell, Marsilio
Letto su consiglio di un amico, ho trovato poco azzeccato il consiglio (era scaturito da questo post) ma gradevole la lettura. Veramente all’inizio non troppo. La prima parte, quella in cui il protagonista vive da solo in mezzo ai ghiacci, l’ho trovata quasi disturbante. Tutta questa solitudine, questa distesa bianca giacciata mi dava un senso di angoscia, come se dovessi affrontarla io. Poi la storia prende altre pieghe e il protagonista esce dal suo guscio e incontra altri personaggi, anche se nessuno risulta proprio “normale”, non l’ex compagna, abbandonata tanti anni prima e ora gravemente malata, non la figlia, che lui non sapeva di avere, e tantomeno la donna che è stata sua paziente tanti anni prima e che ha involontariamente causato la discesa all’inferno del protagonista e che ora si occupa di ragazze senza famiglia e ha messo insieme una specie di comunità. Forse solo la poliziotta che brevemente è stata sull’isola è l’unica persona senza troppe (evidenti) ferite.

Sati – versione uno

Ed eccolo qui.
E’ il compito per il corso.
Dovevo scrivere due cartelle descrivendo il protagonista del mio racconto.
Due cartelle sono 3600 caratteri, dopo vari tagli e ansie varie sono arrivata a poco più di 5000.

E’ stato comico sentire il “maestro” commentare che era il suo primo fantasy… e anche un po’ imbarazzante! Molti degli altri partecipanti non avevano neppure capito che era fantasy.
Mi è stato criticato l’eccesso di riflessione e ora debbo rielabolarlo cercando di metterci più azione.
Buffo, visto che mi sono sforzata di scriverlo così, pensando che fosse il modo giusto! Solitamente scrivo in maniera più diretta, con molti più dialoghi e inserire descrizioni è una vera fonte di ansia.
Vabbè. Basta!
Ecco qui la versione portata ieri a lezione:

“Satilyn! In cucina!”
la voce severa di mio padre mi raggiunge giusto mentre sto pensando che forse riuscirò a sedermi un attimo a riposare.
Solo lui mi chiama così, col nome completo, per tutti gli altri sono semplicemente Sati.
Sospiro e vado a prendere i piatti da portare in sala, i tavoli sono tutti occupati e ad un gruppo di persone è stato detto di tornare più tardi, perchè non c’era più posto dove sistemarli, e siccome l’altra locanda è nelle stesse condizioni, torneranno. Da noi oltretutto si mangia meglio, e non lo dico di certo perchè mio padre è il proprietario.
Io odio questo posto.
Sono due anni che sto progettando la mia fuga, che sto risparmiando ogni monetina e finalmente è arrivato il momento.
La festa di fine estate è la mia grande occasione: è l’unico momento dell’anno in cui questo buco di paese si riempie di gente, arrivano anche dei cantastorie da lontano, e io voglio andare via con loro.
Questa volta poi la festa è in tono ancora maggiore: la figlia del podestà, Oleandra, si sposa domani, e sono arrivate decine di invitati da tutta la regione.
Oleandra ha la mia stessa età, 16 anni, e si sposa… mi sembra una cosa assurda. Abbiamo la stessa età, ma a parte questo, null’altro in comune. Lei è nobile, è bella, ha i capelli e gli occhi scuri, io sono solo la figlia del locandiere e ho ereditato da mia madre i suoi stessi colori slavati, capelli biondo chiarissimo e occhi azzurri.
Io non voglio sposarmi, mai, e questo è uno dei motivi per cui voglio scappare. Mio padre l’anno passato ha iniziato a parlare dell’argomento, proponendomi un giovanotto che secondo lui sarebbe stato perfetto per me. Io ho cercato di prendere tempo e ho fatto qualche indagine per conto mio. Ho scoperto facilmente che è il figlio di un fornitore abituale della locanda. Anche se mio padre ha fatto il possibile per impedirmi di studiare, non sono mica stupida: è evidente che ha degli interessi in questa faccenda, perciò ho deciso che avrei comunque rifiutato, anche se il ragazzo in questione mi fosse piaciuto. Ovviamente il mio rifiuto ha peggiorato i rapporti già tesi che ci sono in famiglia.
Ho quattro sorelle, tutte parecchio più grandi. Mio padre voleva un maschio, ed evidentemente hanno continuato a provare. Poi siamo arrivati noi, due gemelli, e mia madre è quasi morta di parto.
Almeno è arrivato il tanto sospirato figlio maschio.
S’var è nato dopo di me, e anche lui s’è salvato per un pelo, anzi, credevano fosse morto. Poi però ha respirato, ma è sempre rimasto cagionevole di salute.
Mio padre voleva così tanto questo figlio maschio che aveva pensato al nome solo per lui, anche se la levatrice del villaggio aveva già detto che era certa che fossero due gemelli. Forse lui sperava in due maschi in un colpo solo… sta di fatto che ho ricevuto questo strano nome, Satilyn, che è una specie di tentativo di rendere accettabile per una donna il nome che aveva scelto. Il nome completo di S’var è Sativar. Sativar Asod, suona bene, no? Un giorno sarà il padrone della locanda.
Dovrei essere gelosa di mio fratello, e invece lo amo più della mia stessa vita, farei qualunque cosa per lui.
L’ho sempre protetto e difeso, sono più forte e più sveglia di lui, e lui è sempre stato lieto di questo mio atteggiamento. S’var ha studiato, sa scrivere e leggere e far di conto. Un po’ anche io, in effetti, perchè mi ha insegnato lui di nascosto, lui e il mio amico HenLi.
HenLi è il figlio del farmacista, mastro Rupert, ha due anni più di me e siamo cresciuti insieme. Ha perso la mamma quand’era molto piccolo e mia madre si è sempre occupata un po’ di lui. Forse prima del nostro arrivo ha riversato su di lui tutto l’amore che serbava per il sospirato figlio maschio… ma devo dire che anche dopo l’ha sempre trattato benissimo, e ospitato spesso.
HenLi è un bel ragazzo, ha degli occhi grigi profondi e intelligenti, però è un po’ strano. Mastro Rupert ha cercato di insegnargli il mestiere, ma lui non credo abbia mai ascoltato troppo… interessano più me che lui le lezioni di suo padre! Eppure è bravo, e ha studiato per conto suo le erbe e le misture che prepara. Spesso mi tocca fargli da “cavia” e provare i frutti del suo lavoro: gli piace inventare profumi. Purtroppo qui nel paese non credo possa avere un futuro, quel che serve è un bravo erborista che sappia curare le malattie, dei profumi le nostre donne non credo che sappiano cosa farsene. Ma io so perché HenLi fa così. Lui sperava di conquistare Oleandra, credo che abbia provato diverse volte a farle arrivare i suoi regali, ma a giudicare dall’aria delusa dopo questi tentativi, immagino che non sia mai riuscito nel suo intento. Ultimamente poi è sempre così triste, all’idea del matrimonio. A me dispiace vederlo depresso, ma era così ovvio! Insomma, Oleandra è la figlia del podestà, e noi siamo dei poveri sudditi che non contano nulla. Non so neppure se si siano mai parlati… è probabile che lei neppure sappia dell’esistenza di HenLi.
Dovrebbe andare in città, lì apprezzerebbero le sue doti.
Mi piacerebbe se scappasse con me, almeno non sarei sola, ci potremmo aiutare a vicenda.

3. Mare al mattino

Bellissimo questo piccolo libro della Margaret Mazzantini, una scrittrice che mi è sempre piaciuta molto. Ero preoccupata dopo il recente Nessuno si salva da solo, che mi aveva lasciato perplessa. Avevo ammirato la capacità camaleontica di immedesimarsi nei due sventurati personaggi, di usare il linguaggio di due poveracci, ma il tutto m’era sembrato un po’ troppo un esercizio stilistico.
Quando ho letto dell’uscita di Mare al mattino ho temuto. Troppo presto e troppo “instant book”… avevo un po’ paura.
Ci ho messo parecchio a decidermi, e alla fine ho lasciato che la mamma facesse da apripista.
E invece… bellissimo. Non so che altro dire. Delicato eppure mai retorico. Da leggere!

XXI

In quel momento apparve la volpe.
“Buon giorno” disse la volpe
“Buon giorno” rispose gentilmente il piccolo principe, voltandosi. Ma non vide nessuno.
“Sono qui” disse la voce “sotto al melo…”
“Chi sei?” domandò il piccolo principe “sei molto carino…”
“Sono una volpe” disse la volpe.
“Vieni a giocare con me” le propose il piccolo principe “sono così triste…”
“Non posso giocare con te” disse la volpe “Non sono addomesticata”.
“Ah! Scusa” fece il piccolo principe.
Ma dopo un momento di riflessione soggiunse:
“Che cosa vuole dire addomesticare?”
“Non sei di queste parti, tu” disse la volpe. “Che cosa cerchi?”
“Cerco gli uomini” disse il piccolo principe “Che cosa vuol dire addomesticare?”
“Gli uomini hanno dei fucili e cacciano. E’ molto noioso! Allevano anche delle galline. E’ il loro solo interesse. Tu cerchi delle galline?”
“No” disse il piccolo principe “Cerco degli uomini. Che cosa vuol dire addomesticare?”
“E’ una cosa da molto dimenticata. Vuol dire creare dei legami
“Creare dei legami?”
“Certo” disse la volpe “Tu, fino ad ora, per me non sei che un ragazzino uguale a centomila ragazzini. E non ho bisogno di te. E neppure tu hai bisogno di me. Io non sono per te che una volpe uguale a centomila volpi. Ma se tu mi addomestichi, noi avremo bisogno l’uno dell’altro. Tu sarai per me unico al mondo, e io sarò per te unica al mondo”
“Comincio a capire” disse il piccolo principe “C’è un fiore… credo che mi abbia addomesticato…”
“E’ possibile” disse la volpe “Capita di tutto sulla Terra”
“Oh! Non è sulla Terra”
La volpe sembrò perplessa:
“Su un altro pianeta?”
“Sì”
“Ci sono cacciatori su questo pianeta?”
“No”
“Questo mi interessa! E delle galline?”
“No”
“Non c’è niente di perfetto” sospirò la volpe.
Ma la volpe ritornò alla sua idea:
“La mia vita è monotona. Io do la caccia alle galline e gli uomini danno la caccia a me. Tutte le galline si assomigliano, e tutti gli uomini si assomigliano. E mi annoio perciò. Ma se tu mi addomestichi, la mia vita sarà come illuminata. Conoscerò un rumore di passi che sarà diverso da tutti gli altri. Gli altri passi mi fanno nascondere sotto terra. Il tuo, mi farà uscire dalla tana, come una musica. E poi, guarda! Vedi laggiù in fondo dei campi di grano? Io non mangio il pane e il grano, per me, è inutile. I campi di grano non mi ricordano nulla. E questo è triste! Ma tu hai dei capelli color dell’oro. Allora sarà meraviglioso quando mi avrai addomesticato. Il grano, che è dorato, mi farà pensare a te. E amerò il rumore del vento nel grano…”
La volpe tacque e guardò a lungo il piccolo principe.
“Per favore, addomesticami” disse.
“Volentieri” disse il piccolo principe “ma non ho molto tempo, però. Ho da scoprire degli amici, e da conoscere molte cose”
“Non si conoscono che le cose che si addomesticano” disse la volpe “Gli uomini non hanno più tempo per conoscere nulla. Comprano dai mercanti le cose già fatte. Ma siccome non esistono mercanti di amici, gli uomini non hanno più amici. Se tu vuoi un amico, addomesticami!”
“Che bisogna fare?” domandò il piccolo principe
“Bisogna essere molto pazienti” rispose la volpe “In principio tu ti siederai un po’ lontano da me, così, nell’erba. Io ti guarderò con la coda dell’occhio e tu non dirai nulla. Le parole sono una fonte di malintesi. Ma ogni giorno tu potrai sederti un po’ più vicino…”
Il piccolo principe tornò l’indomani.
“Sarebbe stato meglio ritornare alla stessa ora” disse la volpe “Se tu vieni, per esempio, tutti i pomeriggi alle quattro, dalle tre io comincerò ad essere felice. Col passare dell’ora aumenterà la mia felicità. Quando saranno le quattro, incomincerò ad agitarmi e ad inquietarmi; scoprirò il prezzo della felicità! Ma se tu vieni non si sa quando, io non saprò mai a che ora prepararmi il cuore… ci vogliono i riti”
“Che cos’è un rito?” chiese il piccolo principe
“Anche questa è una cosa da tempo dimenticata” disse la volpe “E’ quello che fa un giorno diverso dagli altri giorni, un’ora dalle altre ore. C’è un rito per esempio presso i miei cacciatori. Il giovedì ballano con le ragazze del villaggio. Allora il giovedì è un giorno meraviglioso! Io mi spingo sino alla vigna. Se i cacciatori ballassero in un giorno qualsiasi, i giorni si assomiglierebbero tutti, e non avrei mai vacanza”
Così il piccolo principe addomesticò la volpe.
E quando l’ora della partenza fu vicina:
“Ah!” disse la volpe “…piangerò”
“La colpa è tua” disse il piccolo principe “io, non ti volevo far del male, ma tu hai voluto che ti addomesticassi..”
“E’ vero” disse la volpe.
“Ma piangerai!” disse il piccolo principe
“E’ certo” disse la volpe
“E allora che ci guadagni?”
“Ci guadagno” disse la volpe “il colore del grano”
Poi soggiunse:
“Va’ a rivedere le rose. Capirai che la tua è unica al mondo. Quando ritornerai a dirmi addio, ti regalerò un segreto”
Il piccolo principe se ne andò a rivedere le rose.
“Voi non siete per niente simili alla mia rosa, voi non siete ancora niente” disse. “Nessuno vi ha addomesticato, e voi non avete addomesticato nessuno. Voi siete come era la mia volpe. Non era che una volpe uguale a centomila altre. Ma ne ho fatto il mio amico ed ora è per me unica al mondo”
E le rose erano a disagio.
“Voi siete belle, ma siete vuote” disse ancora “Non si può morire per voi. Certamente, un qualsiasi passante crederebbe che la mia rosa vi rassomigli, ma lei, lei sola, è più importante di tutte voi, perchè è lei che ho innaffiato. Perchè è lei che ho messo sotto la campana di vetro. Perchè è lei che ho riparato col paravento. Perchè è su di lei che ho ucciso i bruchi (salvo i due o tre per le farfalle). Perchè è lei che ho ascoltato lamentarsi o vantarsi, o anche qualche volta tacere. Perchè è la mia rosa”
E ritornò dalla volpa.
“Addio” disse.
“Addio” disse la volpe “Ecco il mio segreto. E’ molto semplice: non si vede bene che col cuore, l’essenziale è invisibile agli occhi”
L’essenziale è invisibile agli occhi” ripetè il piccolo principe, per ricordarselo.
“E’ il tempo che tu hai perduto per la tua rosa che ha fatto la tua rosa così importante”
“E’ il tempo che io ho perduto per la mia rosa…” sussurrò il piccolo principe per ricordarselo.
“Gli uomini hanno dimenticato questa verità. Ma tu non la devi dimenticare. Tu diventi responsabile per sempre di quello che hai addomesticato. Tu sei responsabile della tua rosa…”

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