E nel frattempo il corso…

Giunti attorno a metà corso, finalmente ho iniziato a rilassarmi un po’. Gli esercizi sono sempre una fatica pazzesca, le revisioni peggio ancora, è molto più difficile riscrivere che scrivere! Anche perchè lo ammetto per me riscrivere era mettersi davanti a una nuova pagina bianca riprendendo da capo, a volte senza neppure rileggere l’ultima versione per non esserne troppo influenzati. E invece riscrivere significa lavoro di cesello, togli una parola qui, un aggettivo là, riformula una frase, spostandola in un altro punto del racconto.
E adesso ho voglia di tirare fuori dal cassetto la solita storia, anche se ho anche un po’ paura di quello che può capitare. E se a forza di revisioni ne esce stravolta? Se succede quello che è capitato a una compagna di corso, che ha portato un pezzo preso da un romanzo che ha scritto, e dopo tre volte Alfredo da stronzo matricolato è diventato positivo? Come reagisco a una cosa del genere? E’ ancora possibile, “dopo”, riprendere la storia come nulla fosse, ignorando i suggerimenti se non ci piacciono?

Comunque, approfittando del fatto di aver più tempo, ci sto provando, ad adattare un pezzo per il prossimo compito. Se poi non mi piace, non lo porto… E’ che è così difficile ridurre in 6000 parole.
Al momento ne ho già usate quasi la metà, e la storia mi sembra ancora da iniziare.
Il mio vero problema è l’idea stessa di racconto: cerco sempre di farne un romanzo in miniatura, quando gli esempi che leggiamo non lo sono affatto (e sono rari quelli che mi piacciono). In effetti, penso spesso di aver sbagliato qualcosa, a scegliere un corso sul racconto…

9. L’assassino qualcosa lascia

Che proprio possa dire di essere convinta di questo libro, anche no.
Ma non posso nemmeno dire che non mi sia piaciuto per nulla.
Mah.
La trama è ingegnosa, interessante l’idea di iniziare dalla fine, con il colpevole che attende la polizia per l’arresto, alcuni personaggi sono interessanti, però il modo in cui è scritto non mi è andato molto giù. Non ho capito questo bisogno di esagerare, di tracciare delle macchiette più che dei ritratti, questo uso deteriore della “piemontesità” dei personaggi.
Mi aspettavo di meglio, ma forse dovrei smettere con la passione per i libri ambientati a Torino per questo solo motivo.

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