ispirazione

Succede ogni volta: mi viene un’idea e subito dopo una specie di blocco. E me ne sto lì e me la coccolo e intanto non riesco neanche a prendere qualche appunto, e ho il terrore di dimenticare qualche dettaglio geniale che magari ho pensato mentre stavo sotto la doccia (uno dei miei pensatoi preferiti) o mentre ero in giro o mentre lavavo i piatti.
E’ pazzesco. Chissà perché lo faccio ogni volta… sembra quasi che mi piaccia di più pensare e cullare l’idea che provare poi a metterla in pratica…
Due cose però le dico:
una è un amico che mi ha scritto del pericolo di perdere il treno, e l’altra è Federico Sirianni che ha intitolato “Nella prossima vita” il suo nuovo lavoro e nel pezzo che dà il titolo all’album canta “Ti salverò in anticipo da chi vuol farti del male perché viaggiare nel tempo sarà normale”
anzi, ascoltatevelo:

Realtà o illusione, questo è il problema…

scrivereHo una domanda che mi frulla per la testa: visto che le storie che decidiamo di raccontare, più o meno labile, un legame con quello che ci succede ce l’hanno sempre, e che per riuscire a raccontarle bene bisogna prendere distanza da quello che c’è di troppo autobiografico, quando si butta giù la “prima schifosa stesura” come la si scrive? lasciando la realtà in bella evidenza, e poi a forza di lima la si farà scivolare più indietro? o sarebbe meglio fin dall’inizio sforzarsi di eliminare i riferimenti?
Nell’ultimo racconto che ho scritto direi che ho seguito la prima strada, perlopiù. E’ stata una faticaccia, ma di mezzo c’era il corso, che faceva da sprone e da spauracchio, con scadenze precise e un percorso in qualche modo già segnato. Non so se ho la costanza per lavorare altri quattro mesi a un racconto di dieci pagine…

Facebook e la privacy

Qualche giorno fa stavo chiacchierando su Facebook con un nuovo amico e mi è venuto spontaneo dubitare che i dati inseriti fossero quelli reali (Non me ne volere, se ti riconoscerai. Mi sarebbe sembrato in linea col personaggio che inizialmente avevo intuito, anche se nel giro di pochi giorni la mia opinione si sta modificando)
Lui invece ha replicato che tutti i dati erano reali, e anche la foto era davvero la sua faccia.
E di lì mi sono posta delle domande.
Quando mi sono iscritta a Facebook, era il 2008, credo, ricordo che nel compilare il form c’erano quasi delle minacce sul fatto di usare i dati reali. E buona buona li avevo usati. Poi, col tempo, ho fatto qualche piccolo aggiustamento: ho aggiunto il nick tra il nome e il cognome e ho “nascosto” l’anno di nascita, lasciando visibile solo giorno e mese (sennò come fanno i miei millemila “amici” a farmi gli auguri? ;) ) Roba innocente, tutto sommato. Di foto ne ho tantissime, ma come immagine del profilo uso perlopiù animali o fiori.
Fra i miei amici c’è uno che di cognome fa Cognome, uno che si chiama Falso, per non parlare di quelli che si sono iscritti col solo nick (e hanno fatto casino, cosicchè risulta invertito…) o con nomi palesemente inventati. Credo che in buona parte si tratti della passione, tutta italiana, per il provare che si può far fesso il “sistema”, qualunque esso sia. “Vedi, mi sono iscritto con dati palesemente assurdi e non mi è successo niente, non mi hanno bannato, non mi hanno cancellato. Sono più furbo io”
Ah, la privacy. Croce e delizia.
Molti anni prima dell’iscrizione a Facebook, quando ho iniziato ad avere un blog, mi ero inventata un nick. Hachi non esisteva ancora, è venuto dopo, per esigenze diverse (che credo di aver raccontato in un post riportato anche su questo sito. Per farla breve, dovevo distinguermi da un’altra Elena)
Era l’epoca d’oro dei blog. Al mattino accendevi il pc e come prima cosa, prima di andare a controllare come stava il mondo, forse addirittura prima di aprire il gestore di posta, si andava a vedere se c’erano nuovi articoli nei blog che si seguivano, ma soprattutto, se c’erano nuovi commenti al tuo ultimo post. Che tormento gli articoli senza commenti, o lo scoprire che la pagina era stata visitata pochissimo! C’era gente che aveva un seguito pazzesco, apparentemente senza motivo, e io li invidiavo moltissimo. Avrei voluto vedere il mio blog a quei livelli, e che nessuno sospettasse della mia identità. Aspiravo forse a scindere in due la mia persona, e che la parte virtuale riuscisse a diventare “famosa”, giacché quella reale stava avviandosi verso una normalissima e grigia esistenza.
Ora il mio nick campeggia tra il nome e il cognome reali, e non c’è più alcuna separazione tra Elena e Hachi, anzi, mi offendo se scopro che qualcuno non ha chiaro il concetto, e a volte firmo le mail con entrambi i nomi. Il blog non penso abbia molte visite, commenti quasi nessuno, ma non mi importa. Lo scrivo per me, anche se quasi sempre spammo qua e là l’esistenza di un nuovo post. Si vede che dieci anni (almeno) di vita virtuale lasciano il segno…

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