Un giorno di festa

Riprendo, o almeno ci provo, la buona abitudine che avevo di scrivere un post sui libri che leggo nel corso dell’anno. Sempre meno recensione e sempre più “pensieri in libertà” ispirati da quella lettura.
Ho appena finito Un giorno di festa di Enrico Pandiani (Rizzoli)

E’ il sesto romanzo (in nove anni) che ha per protagonisti il gruppo di poliziotti parigini chiamati Les Italiens (per via delle loro origini), eppure riesce a non stufare, anzi (e devo confessare di averne letto quattro dei sei nel giro di un paio di mesi, via uno l’altro, sistema che non è proprio ottimale. Di solito quando faccio così dopo un po’ comincio a sentire la necessità di cambiare autore e genere).

L’azione si apre con l’omicidio di un agente della stradale, compagno di vita di Leila Santoni, una appunto de Les Italiens, e se viene toccato uno del gruppo, vengono toccati tutti. Il mistero – fittissimo – su chi abbia voluto morto il giovane Fred presto prende altre sfumature ancora più inquietanti, con lo spettro di un attentato su larga scala in occasione della festa del 14 luglio a Parigi. Riusciranno Pierre Mordenti e gli altri a sventare il piano criminale?

E’ sempre difficile scrivere qualcosa su un giallo (anzi, un noir), bisogna non svelare troppo, però qualcosa bisogna dire…
Cominciamo dalle cose più “neutre”.

Pandiani in una presentazione del libro ha detto di non amare le serie di telefilm attuali, troppo intricate, che se perdi mezza puntata sei rovinato e non ci capisci più nulla, e di essere affezionato invece al vecchio stile, in cui le puntate avevano uno schema più o meno fisso e una notevole indipendenza da quella prima e quella dopo.
La serie de Les Italiens in qualche modo è così: certo, i personaggi un po’ cambiano, invecchiano, qualcuno mette su famiglia, qualcuno la perde, c’è un nuovo ingresso che ovviamente ricomparirà nei volumi successivi, ma non è completamente obbligatorio leggere i sei volumi nell’ordine “giusto”. E questo può essere un bene o un male, a seconda delle preferenze personali. Questo sesto volume è secondo me un po’ più legato al precedente di quanto sia mai avvenuto, per via del cambiamento avvenuto nella vita privata di Mordenti. Uff, non posso dire altro, altrimenti casco nello stesso errore per cui mi ero tanto arrabbiata. Il libro è uscito a ottobre, io stavo finendo il quarto, sono andata anche a una presentazione ed è andato tutto bene, nessuno spoiler. Poi io inizio a leggere il quinto, un sabato esce la recensione su TuttoLibri ed eccolo lì, lo spoilerone. Mi sono veramente arrabbiata! (e ho mandato un messaggio a Enrico per lamentarmi :P )
Comunque, se lo leggete per caso, da solo, capite tutto lo stesso.

Invidio terribilmente il modo di scrivere di Pandiani. E questo non gliel’ho ancora detto.
Mi sto arrabattando da un po’ a cercare di riprendere a scrivere, non solo questo blog, e non riesco a trovare la via giusta. Prima persona? Terza? Passato? Presente? C’è sempre qualcosa che non funziona, che non mi “suona”. E invece qui funziona tutto perfettamente bene. Così, andando a memoria, direi che è scritto in prima persona da Mordenti stesso, ma non è del tutto vero. La prima parte, quella che racconta dell’omicidio di Fred, non si svolge sotto gli occhi del commissario, che anzi è lontano qualche centinaio di chilometri, eppure il cambio di punto di vista, di voce, è estremamente morbido e naturale. E in tutto il seguito non c’è nessuna forzatura, nessun momento in cui ti viene da dire che non può svolgersi sempre tutto sotto gli occhi di Mordenti, che non può sapere sempre tutto ed essere sempre dovunque. Funziona. E non ho ancora capito come, e quando ho provato a usare lo stesso sistema ho fatto un pastrocchio illeggibile in cui pdv e tempi verbali si mischiavano malissimo e in un modo che di naturale non aveva nulla.

Più che in altri libri della serie, mi sono fatta delle domande sul protagonista. Essendo quasi sempre suoi gli occhi attraverso cui vediamo la storia che si dipana, lui lo vediamo poco. Quanti anni ha? Che aspetto ha? Sono cose che mi chiedo spesso, quando amo un libro. Ho bisogno di immaginarmi i personaggi. E qui di indizi ce ne sono davvero pochi. E così, man mano, durante la lettura di questi sei libri, è finita che per me a Mordenti si sia appiccicato l’aspetto del suo autore, magari solo un poco più giovane e atletico (non me ne voglia Enrico, che magari è in formissima, ma non ha l’aspetto dello sportivo neanche un po’, anzi, me lo vedo più a suo agio a leggere in poltrona davanti a un caminetto acceso…)

Ultima considerazione, tornando più seri. La faccenda del terrorismo, e in generale dell’attualità. I romanzi de Les Italiens inseguono l’attualità, per esempio già dal quinto si parla del prossimo trasferimento dalla storica sede del 36 di Quai des Orfevres al nuovo edificio in periferia, e immagino che nel prossimo libro il trasloco verrà completato. Proprio come accade nella realtà, mica se lo è inventato il trasloco, dove è avvenuto da pochi mesi. Ben più spinoso stare dietro alla parte tragica della realtà, parlare in un romanzo del Bataclan, immaginare che qualcuno dei personaggi si sia trovato coinvolto in quel massacro, e – mi pare – ancora peggio evocare lo spettro di un attentato a Parigi durante la festa del 14 luglio che sicuramente sarà passato per la mente di più di un criminale, e che nella realtà è avvenuto, con modalità completamente diverse, e non nella capitale. Spinoso, molto spinoso. Io mi sento in colpa se faccio capitare un banale incidente a un personaggio che io so essere molto poco liberamente ispirato a qualcuno che esiste davvero, ho sempre il timore di portare sfiga, che se poi accadesse davvero quell’incidente me ne sentirei assurdamente responsabile per il resto dei miei giorni…

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

 

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Navigation