Maurizio De Giovanni, Sara al tramonto, Rizzoli

È uscito da pochissimi giorni Le parole di Sara, il seguito di Sara al tramonto che ho letto quest’estate. Ahimè ci sono ancora molti libri che ho letto quest’estate quando avevo la mano ingessata e di cui non ho scritto nulla. Non credo riuscirò a recuperare tutto l’arretrato, visto che nel frattempo continuo a leggere (o rileggere) ma ci provo.

Ero diffidente, lo ammetto. Maurizio De Giovanni è noto al grande pubblico per I bastardi di Pizzofalcone e benché io legga volentieri gialli e noir, boh, no. Sarà che i film o le serie tratte dai libri sono quasi sempre peggio del libro da cui partono, sarà che diffido delle cose di troppo successo… Poi come a volte succede, ho letto qualche recensione che ne parlava, sono stata attirata da una protagonista femminile e ho vinto le mie resistenze assurde (e l’ancor più assurda ostilità che ho per il nome Sara) e mi sono tuffata nella lettura.

Mi sono innamorata in poche pagine di questa donna al tramonto (si fa per dire, per fortuna!) in pensione, vedova da poco e colpita anche dal lutto per la morte dell’unico figlio, da cui però s’era allontanata quando era ancora bambino, e mai riavvicinata. Ancor giovane, ma messa in congedo da un lavoro misterioso, difficile e pericoloso – la donna ha infatti dedicato l’intera esistenza ai Servizi – lascia che le nuove vuote giornate le scivolino addosso cercando di opporvi la minor resistenza possibile. Ma secondo il più trito dei cliché da certi lavori non si può davvero andare in pensione, e Sara si trova coinvolta in una indagine particolare, un caso di omicidio già chiuso, con una colpevole che forse non è colpevole, e che dal carcere riesce a instillare il seme del dubbio per cercare di salvare la propria figlia bambina, affidata agli zii. Nell’indagine la affiancano un ispettore piuttosto assurdo, in lutto per la fine del proprio matrimonio e vessato da un enorme cane (adottato come estremo regalo per recuperare il rapporto con la moglie, bel tentativo, ma fallito) che non gli dà retta neanche per sbaglio e che invece ubbidisce ciecamente ad un semplice cenno di Sara, e una ragazza giunta quasi al termine della gravidanza. La ragazza, Viola, è la compagna del figlio ormai morto di Sara. Il bizzarro terzetto porta a termine l’indagine fra una scena malinconica e un siparietto comico, i rapporti si cementano e in effetti non era difficile immaginare che ci sarebbe stato un secondo capitolo.

L’unica cosa che non mi è piaciuta, o meglio che ho trovato molto poco credibile in una storia assolutamente realistica, è questa faccenda dei Servizi. La protagonista lavorava in una sorta di servizi segreti probabilmente deviatissimi, la cui potenza e il cui grado di infiltrazione a qualunque livello mi sembra davvero assurdo. Entrata giovanissima in questa realtà grazie alla sua capacità fuori dal comune di leggere le labbra a grande distanza e di essere capace di rendersi pressoché invisibile in qualunque situazione, Sara si è innamorata – ricambiata – del grande capo e per lui ha lasciato il marito e il figlio piccolo, e non è mai tornata indietro. Alla morte del compagno si è ritrovata con una enorme quantità di dossier che riguardano praticamente tutti i misteri irrisolti della storia italiana e anche questo mi pare veramente assurdo. Posto anche che davvero ci sia qualcuno che conosce queste cose, non credo proprio che ci siano decine e decine di cartellette ordinate in cui viene spiegato tutto, e tanto meno che questo materiale possa essere stato fatto uscire dagli uffici e possa trovarsi nell’abitazione privata di qualcuno… Sara ovviamente decide di non aprire nessuno di quei documenti, ma li conserva.

Non so, quando leggo una storia plausibile e poi ci trovo una cosa così mi sento un po’ ingannata, come se l’autore avesse abusato della fiducia che i lettori gli hanno accordato.

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