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Come una quindicenne…

Mi sono innamorata di questo individuo. Di cui esistono anche foto un briciolo meno impietose (qui sembra quasi un figo) Ma non è questo il punto, non me ne importa un accidente della sua faccia. Quest’uomo è un genio. Io sono una che quando ama un libro lo divora, ma raramente rileggo nonostante la mia memoria sia tutto tranne che buona.

E invece dopo meno di un anno dalla prima lettura sono qui che rileggo, con la stessa identica passione, il primo volume della saga. Cercando di tenere un ritmo più decente, di non fare le quattro di notte per andare avanti… cavolo, lo so che cosa succede! e di capire bene l’intreccio. Perchè mentre lo leggevo, beh… non avevo proprio immaginato come sarebbe andato a finire. Ho amato molto il primo volume, e sperato per tutto il secondo e il terzo che Kelsier non fosse davvero morto (nessuna rivelazione sconvolgente: è scritto nel risvolto di copertina del secondo volume…) e che prima o poi sarebbe tornato a sottrarre Vin a quell’idiota di Elend. Ho sperato in una loro storia per tutto il primo volume, ma adesso che ho letto praticamente qualunque cosa Sanderson abbia detto a proposito di quella serie so che non ne aveva nessuna intenzione e ha disseminato di quei fastidiosi aggettivi “paterno” ovunque apposta. Va bene, il clichè dell’allieva che si innamora del maestro è piuttosto trita, lo ammetto. Ho fatto un pochino di fatica in più sul secondo volume, che è un po’ più lento e fin troppo guerresco per i miei gusti (ovvero ci ho messo forse 10 giorni anzichè 7…) e il terzo… beh, ha fatto il miracolo: è riuscito a trasformare Elend da odioso ad accettabile protagonista. Anche se alla fine il vero protagonista non è lui e nemmeno Vin… un’idea davvero geniale per un personaggio che riesce ad essere simpatico nella sua “stranezza” fin dalla sua prima apparizione, e che anche se si pone da sè come figura di secondo piano poi finisce per raccogliere sempre le confidenze di tutti e per togliere le castagne dal fuoco quando la situazione sembra disperata… E poi più andavo avanti più scoprivo che qualunque dettaglio aveva un senso, che una cosa detta nelle prime 100 pagine del primo volume era detta apposta perchè a pagina 600 del terzo si capisse… una costruzione perfetta. E così m’è venuta voglia di rileggere con calma per assaporare queste cose, per ritrovarle tutte, ora che so.

Inevitabile, il desiderio di sapere di più. Mi sono letta con Google Translator e molta fantasia tutte le annotazioni che ci sono sul sito, mi sono messa a seguire i tweet di Sanderson e ho letto più o meno tutto ciò che lo riguarda che ho trovato in rete.

Probabilmente diventerà famoso per aver completato La Ruota del Tempo, e io non sono ancora riuscita a iniziarla. Sono indietro… vediamo… di circa 10000 pagine prima che siano scritte da lui… non so se ce la posso fare. In compenso colta da un raptus di follia mi sono ordinata questo suo libro in francese, visto che della traduzione italiana non c’è traccia. Mi sto sopravvalutando, pensando di riuscire a leggerlo in francese?

Ho anche letto che c’è in progetto (anzi veramente dovrebbe essere già uscito, ma sono in enorme ritardo) un gdr basato su Mistborn e ovviamente sono curiosissima, visto che mi era venuta la stessa idea. Ho cercato di essere realista e l’ho ricacciata indietro.

Addio, e grazie per tutto il pesce

Eppure è così difficile lavorare da sola.

L’idea che non ci sia nessuno con cui parlare, con cui confrontarsi… anche se le occasioni non erano poi molte, però bastava pensare di poterlo fare, e invece adesso neanche più quell’idea.

Mi ha detto che ovviamente ho il suo permesso di fare quello che voglio di ciò che abbiamo prodotto. Ha detto “ci mancherebbe altro”. E arrivederci e grazie.

E io in una settimana ho cercato ben due consulenti, e nessuno dei due mi ha filato. Non un socio di rimpiazzo, non avrebbe senso, ma un consulente, qualcuno che legga la storia e che sia disposto a parlarne, a farmi riordinare le idee, a fermarmi se sto scrivendo troppe cazzate o se la logica interna è andata a farsi friggere.

A uno ho mandato una mail domenica e non ha ancora risposto, l’altro l’ho contattato direttamente e credo non mi abbia neppure ascoltato, in ogni caso non ha risposto e ha sviato.

Certo, c’è il piano B, forse C… insomma, quello che mi ascolta sempre, nonostante tutto, e che ufficialmente mi dirà di no che non ha tempo e forse neppure voglia, che se lo fa poi però mi stronca anche ecc. Ma sono ormai almeno sette anni che lo fa, e altrettanti che continuo a raccontargli tutto. Forse è vero che mi piace farmi cazziare.

 

Mr.Big

Stanotte mi sento molto Carrie Bradshaw.
Come si fa a capire se il momento è quello giusto? C’è un modo? Come si fanno certe scelte?
Quasi nove anni fa, la scelta non l’ho fatta. Ho preso atto di una situazione di fatto.
Ora invece pare sia ora di scegliere, e ho una fottuta paura di sbagliare. Forse proprio perchè stavolta scelgo consapevolmente, e se è sì, è una cosa seria e preparata, e per certi aspetti tutto ciò è molto bello, e per altri ha un che di leggermente inquietante.

Poi magari le cose prendono tutta un’altra piega, chissà, e ci tocca aspettare tempi migliori.

Lavoro?

Da una settimana faccio di nuovo call center. Evviva.
Mi hanno chiamato domenica scorsa alla sera, alle nove… aspettavo il cibo cinese. Pochi secondi per decidere, sì o no. Tutte le sere della settimana già impegnate, tutti gli impegni da disdire.

Vita sociale, ciao ciao.
Lavorare dalle 18 alle 22 significa che arrivi a casa che sono quasi le 23, perchè ovviamente quando scendi con la metro a Porta Nuova i due pullman che ti portano a casa sono appena passati (a un minuto uno dall’altro!) e prima che se ne veda un altro passa mezzora. E inizia anche a fare un po’ freddo ad aspettare mezzora all’aperto…
Sono le 23 e hai fame, perchè in pausa hai mangiato uno yogurt, un frutto, roba così. Allora ti cucini qualcosa, anche se d’inverno è più complicato che d’estate. E poi vuoi mica andare a letto dopo aver mangiato? Accendi il pc (anzi, lo hai già fatto, vivi da sola, quindi puoi mangiare col piatto di fianco allo schermo…) e prima che te ne renda conto sono le due, o anche peggio.
Al mattino, se non hai un buon motivo, dormiresti fino ad ore indecenti, col risultato che poi non fai praticamente nulla prima che siano di nuovo le 17 e sia ora di prepararsi per andare a lavorare. E poi non hai sonno perchè ti sei alzata tardi, quindi cosa fai? Vai a dormire ancora più tardi… e via col circolo vizioso…
Un paio di sere a settimana il moroso mi viene a prendere, e a seconda dei casi mi porta da qualche parte oppure ci fiondiamo a giocare, impegnandosi un po’ entro le 22.30 ci posso essere…

E non ho detto nulla del lavoro, che vi lascio immaginare. Già mi va bene che non debbo vendere nulla…

Ipoteche

Ho in mano due biglietti per il concerto di Giovanni Allevi.
Il concerto è il 6 aprile 2009. Tra qualcosa tipo… 165 giorni, calcolati un po’ approssimativamente.

Non posso non pensare a quando circa 10 anni fa, sempre più o meno, discutevo animatamente con un ragazzo a proposito di prenotare una serata a teatro con mesi d’anticipo. Lui protestava, in realtà aveva una gran paura di impegnarsi… “Ma come… tra sei mesi? Ma cosa ne sappiamo dove saremo fra sei mesi? E se non sono più a Torino? E se non ci parliamo più?” e io lo facevo esattamente per quel motivo, per mettere un’ipoteca sul fatto che dopo sei mesi ci saremmo ancora parlati.
Lo so, è stupido.
Non è che perchè hai uno spettacolo prenotato che sei sicura che non finirà prima.
Per la cronaca, sei mesi dopo quella discussione, io andai per conto mio a vedere quello spettacolo. E lui per conto suo. I biglietti non li avevamo presi, o meglio, lo avevo preso solo io. Lui arrivò davanti al teatro e non so se tramite biglietteria last minute o come acchiappò un posto migliore del mio. Non ci parlavamo più, eravamo in uno dei periodi bui che costellarono il nostro rapporto. Poi migliorò, poi peggiorò, poi migliorò di nuovo… Adesso ci sentiamo di tanto in tanto, con (spero) reciproco piacere, io lo considero un buon amico.

Sono passati dieci anni, ho una relazione stabile e sono tranquilla nei confronti dei miei e dei suoi sentimenti, incrocio le dita e spero che sia la volta buona. Eppure ho un senso di incertezza nel trovarmi davanti alla biglietteria e nel sentirmi dire che devo prenotare, che una data è esaurita (la prevendita è stata aperta una decina di giorni fa) e l’altra ha ancora qualche posto, ma davvero pochi. Sarò cresciuta? O sarò solo più cinica? più realista? Perchè viene da dire a me questa volta “Sei mesi prima? Ma siamo sicuri? Dove sarò tra sei mesi?”
Ho bisogno di essere rassicurata, di mettere a tacere quel leggero senso di inquietudine per aver cercato di forzare il destino.

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