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NaNoWriMo2016

nano2016
Novembre, il NaNo. Che se vogliamo è un’assurdità, un’americanata insensata. Perché uno dovrebbe farsi prendere dalla follia collettiva di scrivere 50000 parole entro la fine del mese? Non si vince niente, e non solo, è facilissimo trassare, dal momento che si autodichiara il numero di parole scritte. E’ una sfida con se stessi, arrivare a fine mese. L’anno scorso era andata malissimo. Ma era stata una roba strana, ero partita con poca convinzione, avendo scoperto cos’era solo pochi giorni prima, e avevo pasticciato, non avevo una storia pronta, non sapevo bene cosa scrivere. Anzi, devo confessare una cosa: è passato solo un anno ma non riesco a ricordare che cosa stessi cercando di scrivere. Per dire quanto ero andata avanti e con che convinzione…
Poi boh, non ci avevo più pensato.
Poi arriviamo a ottobre, e come capita di tanto in tanto, *la* storia mi torna a tormentare. Ricomincio a riflettere su Mandala e compagnia. Sono passati più di dieci anni e quella storia continua a tormentarmi, continuo a pensarci. Faccio l’ennesima ristrutturazione, tappo qualche buco, decido di cominciarla un capitolo più avanti perché è inutile, il capitolo scritto di fatto da Max qualche anno fa riscrivendo il mio è dannatamente migliore di quel che potrei fare io e semplicemente non me la sento di riscriverlo, so già che non ne sarei soddisfatta, e allora l’unica è iniziare un poco più avanti, diciamo il giorno dopo. E tenere gli avvenimenti di quel capitolo come buoni ma farli capitare prima, e solo raccontare in maniera indiretta.
E visto che novembre è alle porte, perché non provare a “usare” il NaNo come stimolo per scrivere? io sotto scadenza di solito funziono meglio.
Scrivo qualche pagina, inizio a prenderci gusto, e poi ci si mette di mezzo il destino. Ufficialmente era ancora ottobre, il ponte dei santi, quando succede che la realtà e la finzione si mischino maldestramente. Insomma, un tizio è finito dentro perché in un suo romanzo aveva descritto dettagli particolareggiati di un omicidio, e hanno stabilito che non era possibile la coincidenza, poi mi pare l’abbiano scagionato, comunque è stato per un po’ in galera (e io non sono per nulla convinta che sia innocente, ma vabbè). Non è proprio la stessa cosa, ma quando descrivi una roba e quella roba succede, anche se non proprio uguale, e coinvolge persone a cui tieni, è dura proseguire. Anche perché la finzione è solitamente molto più gentile della realtà. I personaggi letterari si riprendono dalle peggiori disgrazie con estrema facilità, non hanno quasi mai strascichi, a meno che siano funzionali alla trama, e si svegliano in ospedali perfettamente efficienti con la messa in piega in ordine e il trucco appena ritoccato. Nella realtà non va così. Mi ci è voluto qualche giorno per cercare di venire a patti con questa roba, per ragionarci su e stabilire che sì, potevo continuare, che non aveva senso “colpevolizzarsi” per questa cosa. Mi è stato addirittura detto a mo’ di incoraggiamento che l’idea che la mia personaggia potesse uscire quasi indenne da quell’esperienza così simile alla realtà poteva essere di buon auspicio, e io ci ho creduto. Perché mi stava bene crederci, perché… boh.
E poi la realtà è peggiorata fermandosi in bilico che è quasi peggio, o bianco o nero, perché un grigio indefinito in cui è ancora più facile perdersi? e io mi sono bloccata ancora.
Ho pensato a come modificare e togliere questa cosa, ma non posso farlo, è sempre stato uno dei punti fermi della trama, benché lo ammetto non sia davvero funzionale a nulla, non c’è un motivo per cui debba andare così, funzionerebbe lo stesso in effetti anche senza. Ma non riesco a pensare i primi capitoli senza questo avvenimento, e io questa storia l’ho scritta tutta una volta, e poi l’ho riprovata più volte, e mi sono sempre arenata, ma la prima parte l’ho ripresa tante volte, e sempre uguale. Purtroppo sono andati persi con un hard disk che si è rotto, ma avevo fatto un interessante esercizio: la stessa identica storia vista con gli occhi di lei, con gli occhi di lui, e in terza persona. Che è stata poi la scelta finale. E ogni volta l’inizio era sempre lo stesso, pur nel cambio prospettico: lei subiva la situazione, lui la gestiva, ma era sempre tutto uguale.

Ora è già passata la prima settimana di NaNo e io sono molto indietro, forse irrimediabilmente. E a dirla tutta non sono ancora sicura di cosa voglio fare.

considerazioni di notte

1) non si inventa nulla. tutto sta nel proporlo nel modo giusto, la vera abilità è nel remixare la minestra affinchè non appaia riscaldata. e non tutti lo sanno fare bene.

ora mi sento molto più pacificata col mio mezzo plagio inconscio (vedi post estivi) e tutto grazie alla visione del film degli XMen.

2) ho fatto un esperimento. fresca di (ri)lettura, ho scritto delle cose utilizzando i personaggi di un libro che avevo appunto appena letto. una sorta di omaggio, mettiamola così. e ne sono venute fuori delle cose interessanti.

tipo: le prime pagine erano una (pallida) imitazione dell’originale, fedeli nello stile e soprattutto nel carattere dei personaggi. poi man mano hanno preso la loro strada… e sono finiti nel mio consueto clichè. insomma, hanno cambiato nomi, ma la storia è sempre la stessa.

che voglia dire che la devo proprio raccontare?

 

3) mi stanno venendo delle strane manie, non so quanto inquietanti. vedo, anzichè la gente morta, i difetti. che poi non so se sono proprio difetti… leggo libri, e spesso mi chiedo che cos’è successo fra un capitolo e l’altro, mi interrogo sulle cose non raccontate, sui salti temporali. mi affascina lo spazio bianco.

era il nome di una libreria che stava in via cernaia, non so neppure se esiste ancora. lo spazio bianco, quello fra le righe, quello sopra e sotto la pagina, i margini.

che cosa c’è lì in mezzo?

ho letto una storia lunghissima che si sviluppa nell’arco di circa cinque anni. le duemila e passa pagine ovviamente non li coprono interamente. ma che cosa succede fra l’ultima pagina del primo libro e la prima del secondo? ci passa un anno, un anno importante, in cui la vita della protagonista prende una piega completamente diversa. perchè l’autore ha scelto di non raccontare nulla? e naturalmente questo è solo un esempio, ci sono molti salti, anche se più brevi, che non sempre condivido.

io quando scrivo sono anche troppo meticolosa, lo so e lo vedo come un difetto. io registrerei tutto, sono più una telecamera fissa puntata sui miei personaggi. ma scegliere cosa raccontare e cosa no è difficile.

 

ho letto un libro di recente, e non è un fantasy. ogni tanto mi capita! si chiama Colpiscimi ed è di Olivia Corio, è breve, solo 200 pagine.

SPOILER SPOILER SPOILER SPOILER SPOILER SPOILER SPOILER
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Come una quindicenne…

Mi sono innamorata di questo individuo. Di cui esistono anche foto un briciolo meno impietose (qui sembra quasi un figo) Ma non è questo il punto, non me ne importa un accidente della sua faccia. Quest’uomo è un genio. Io sono una che quando ama un libro lo divora, ma raramente rileggo nonostante la mia memoria sia tutto tranne che buona.

E invece dopo meno di un anno dalla prima lettura sono qui che rileggo, con la stessa identica passione, il primo volume della saga. Cercando di tenere un ritmo più decente, di non fare le quattro di notte per andare avanti… cavolo, lo so che cosa succede! e di capire bene l’intreccio. Perchè mentre lo leggevo, beh… non avevo proprio immaginato come sarebbe andato a finire. Ho amato molto il primo volume, e sperato per tutto il secondo e il terzo che Kelsier non fosse davvero morto (nessuna rivelazione sconvolgente: è scritto nel risvolto di copertina del secondo volume…) e che prima o poi sarebbe tornato a sottrarre Vin a quell’idiota di Elend. Ho sperato in una loro storia per tutto il primo volume, ma adesso che ho letto praticamente qualunque cosa Sanderson abbia detto a proposito di quella serie so che non ne aveva nessuna intenzione e ha disseminato di quei fastidiosi aggettivi “paterno” ovunque apposta. Va bene, il clichè dell’allieva che si innamora del maestro è piuttosto trita, lo ammetto. Ho fatto un pochino di fatica in più sul secondo volume, che è un po’ più lento e fin troppo guerresco per i miei gusti (ovvero ci ho messo forse 10 giorni anzichè 7…) e il terzo… beh, ha fatto il miracolo: è riuscito a trasformare Elend da odioso ad accettabile protagonista. Anche se alla fine il vero protagonista non è lui e nemmeno Vin… un’idea davvero geniale per un personaggio che riesce ad essere simpatico nella sua “stranezza” fin dalla sua prima apparizione, e che anche se si pone da sè come figura di secondo piano poi finisce per raccogliere sempre le confidenze di tutti e per togliere le castagne dal fuoco quando la situazione sembra disperata… E poi più andavo avanti più scoprivo che qualunque dettaglio aveva un senso, che una cosa detta nelle prime 100 pagine del primo volume era detta apposta perchè a pagina 600 del terzo si capisse… una costruzione perfetta. E così m’è venuta voglia di rileggere con calma per assaporare queste cose, per ritrovarle tutte, ora che so.

Inevitabile, il desiderio di sapere di più. Mi sono letta con Google Translator e molta fantasia tutte le annotazioni che ci sono sul sito, mi sono messa a seguire i tweet di Sanderson e ho letto più o meno tutto ciò che lo riguarda che ho trovato in rete.

Probabilmente diventerà famoso per aver completato La Ruota del Tempo, e io non sono ancora riuscita a iniziarla. Sono indietro… vediamo… di circa 10000 pagine prima che siano scritte da lui… non so se ce la posso fare. In compenso colta da un raptus di follia mi sono ordinata questo suo libro in francese, visto che della traduzione italiana non c’è traccia. Mi sto sopravvalutando, pensando di riuscire a leggerlo in francese?

Ho anche letto che c’è in progetto (anzi veramente dovrebbe essere già uscito, ma sono in enorme ritardo) un gdr basato su Mistborn e ovviamente sono curiosissima, visto che mi era venuta la stessa idea. Ho cercato di essere realista e l’ho ricacciata indietro.

Addio, e grazie per tutto il pesce

Eppure è così difficile lavorare da sola.

L’idea che non ci sia nessuno con cui parlare, con cui confrontarsi… anche se le occasioni non erano poi molte, però bastava pensare di poterlo fare, e invece adesso neanche più quell’idea.

Mi ha detto che ovviamente ho il suo permesso di fare quello che voglio di ciò che abbiamo prodotto. Ha detto “ci mancherebbe altro”. E arrivederci e grazie.

E io in una settimana ho cercato ben due consulenti, e nessuno dei due mi ha filato. Non un socio di rimpiazzo, non avrebbe senso, ma un consulente, qualcuno che legga la storia e che sia disposto a parlarne, a farmi riordinare le idee, a fermarmi se sto scrivendo troppe cazzate o se la logica interna è andata a farsi friggere.

A uno ho mandato una mail domenica e non ha ancora risposto, l’altro l’ho contattato direttamente e credo non mi abbia neppure ascoltato, in ogni caso non ha risposto e ha sviato.

Certo, c’è il piano B, forse C… insomma, quello che mi ascolta sempre, nonostante tutto, e che ufficialmente mi dirà di no che non ha tempo e forse neppure voglia, che se lo fa poi però mi stronca anche ecc. Ma sono ormai almeno sette anni che lo fa, e altrettanti che continuo a raccontargli tutto. Forse è vero che mi piace farmi cazziare.

 

senza titolo

Da quando sono di nuovo a casa evidentemente ho troppo tempo libero.

Mi sono messa a rileggere quelle due o tre tonnellate di file di lavoro sul progetto del libro. Un caos assurdo in cui ci sono almeno tre serie di numerazioni diverse, più tutte le N versioni dello stesso file frutto di scambio al di là dell’oceano (in cui per fortuna ho avuto un po’ di buon senso nel numerarle progressivamente) più cose intitolate “questa è davvero una nuova versione”…

Ecco, sono più di due anni di lavoro, a tratti intenso.

E l’idea che restino lì a far polvere mi dà fastidio.

Così ho preso il coraggio a due mani e ho cercato il socio di scrittura, che è inattivo da molti mesi ormai, prima a causa del superlavoro (dice lui) e ora per via della tizia che s’è portato a casa (dico io, ma lo so che sono cattiva). E’ passata quasi una settimana e non ha risposto.

Beh, se è solo per quello sono anche passati quindici giorni da quando l’ho chiamato per il suo compleanno e mi ha detto “scusa sono incasinato ti chiamo” e ovviamente non lo ha fatto. E pensare che avevo chiamato più o meno in pausa pranzo per non rompere le scatole alla sera…

 

Ok, non risponderà. E quindi? Riprendo tutto da capo da sola e cerco di arrivare da qualche parte? Mi piacerebbe anche solo riuscire a pubblicare sul web, e darmi almeno la possibilità che qualcuno legga.

E' passato un mese

e io quasi non me ne sono accorta.
E’ successo di tutto, in questo mese.
La NordOvest Con, la mia ultima TorinoComics, la InterNos Con l’ultimo weekend… una grave crisi col moroso i cui strascichi non sono ancora risolti… non ci capisco più nulla, mi sento come se mi avessero messo in un frullatore.
Non so più chi sono, non so da dove vengo e tanto meno dove sto cercando di andare.
NON SO PIU’ DOV’E’ IL MIO ASCIUGAMANO
Ho mille progetti che mi frullano nella testa e poi passo il pomeriggio a fissare la tastiera e a saltellare da un sito all’altro a caso, quasi senza leggere cosa ho davanti.
Sto scrivendo una cosa a cui sono molto legata, ma non riesco a fare nemmeno quello… rileggo i file già scritti e non riesco ad andare avanti, le altre due mani non so dove siano finite, e avrei bisogno di un incoraggiamento per proseguire.
Leggo cose che chiamare libri è una parola grossa, mi sento intrappolata in una sorta di sindrome da Bridget Jones che non ha soluzioni.
Ho 37 anni, sarebbe il caso di darsi una mossa, di capire cosa voglio fare da grande! Sarebbe ora di mettere radici da qualche parte, anzichè crogiolarsi in una eterna insoddisfazione che inghiotte tutto.
Sono stufa di sentirmi così.

giovedì

Sarà che piove incessantemente da diversi giorni, ma sono veramente a terra. Dopo la giornata di mal di testa, ieri ho accusato una sorta di crollo nervoso e ho passato la serata a piangere. Stamattina mi sono già fatta il mio primo piantino sulla gatta Toni, che per fortuna accetta la cosa placidamente e forse le piace anche perchè mi lecca le lacrime. La gatta Diesel invece mi consola a suon di fusa e si struscia, però preferisce quando sono di buon umore.
Dicono che domani migliora. Il tempo dico. Il mio umore non so.
Speriamo, perchè sabato e domenica c’è la NordOvest Con e se il tempo è almeno decente è MOLTO meglio.
Anzi, meno male che ho parlato di NOC perchè devo fare due telefonate, una in cascina e una al noleggiatore di furgoni e me ne stavo dimenticando. Uh, e anche una ad Andrea.
Magari, a dopo…

Ipoteche

Ho in mano due biglietti per il concerto di Giovanni Allevi.
Il concerto è il 6 aprile 2009. Tra qualcosa tipo… 165 giorni, calcolati un po’ approssimativamente.

Non posso non pensare a quando circa 10 anni fa, sempre più o meno, discutevo animatamente con un ragazzo a proposito di prenotare una serata a teatro con mesi d’anticipo. Lui protestava, in realtà aveva una gran paura di impegnarsi… “Ma come… tra sei mesi? Ma cosa ne sappiamo dove saremo fra sei mesi? E se non sono più a Torino? E se non ci parliamo più?” e io lo facevo esattamente per quel motivo, per mettere un’ipoteca sul fatto che dopo sei mesi ci saremmo ancora parlati.
Lo so, è stupido.
Non è che perchè hai uno spettacolo prenotato che sei sicura che non finirà prima.
Per la cronaca, sei mesi dopo quella discussione, io andai per conto mio a vedere quello spettacolo. E lui per conto suo. I biglietti non li avevamo presi, o meglio, lo avevo preso solo io. Lui arrivò davanti al teatro e non so se tramite biglietteria last minute o come acchiappò un posto migliore del mio. Non ci parlavamo più, eravamo in uno dei periodi bui che costellarono il nostro rapporto. Poi migliorò, poi peggiorò, poi migliorò di nuovo… Adesso ci sentiamo di tanto in tanto, con (spero) reciproco piacere, io lo considero un buon amico.

Sono passati dieci anni, ho una relazione stabile e sono tranquilla nei confronti dei miei e dei suoi sentimenti, incrocio le dita e spero che sia la volta buona. Eppure ho un senso di incertezza nel trovarmi davanti alla biglietteria e nel sentirmi dire che devo prenotare, che una data è esaurita (la prevendita è stata aperta una decina di giorni fa) e l’altra ha ancora qualche posto, ma davvero pochi. Sarò cresciuta? O sarò solo più cinica? più realista? Perchè viene da dire a me questa volta “Sei mesi prima? Ma siamo sicuri? Dove sarò tra sei mesi?”
Ho bisogno di essere rassicurata, di mettere a tacere quel leggero senso di inquietudine per aver cercato di forzare il destino.

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