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Alessandro Piperno, Inseparabili

Sono rimasta molto indietro con le mie piccole “recensioni” (oddio, che parola impegnativa…) D’altra parte, quest’estate, con la mano ingessata, non potevo fare quasi niente altro che leggere, e invece scrivere, anche digitando su una tastiera, era un’impresa veramente faticosa. Cerchiamo di recuperare.

Questo “Inseparabili” stava nel mio lettore ereader da un sacco di tempo (è uscito nel 2012 per Mondadori) al punto che non ricordavo neanche più perché ce lo avessi messo… di solito sono istintiva con le mie scelte di libri, ma se passa tanto tempo sono capace anche di dimenticarmi il motivo che mi ha spinto a scegliere un libro o un altro. E la cosa che mi inquieta di più è stato scoprire, solo alla fine della lettura, che questo Inseparabili era diviso in due parti e io ho letto la seconda ma non la prima… vabbè.

Alessandro Piperno, Inseparabili
La copertina

E’ stata una lettura scorrevole e piacevole, anche se devo ammettere che non mi ha proprio preso, non avevo l’ansia di andare avanti e scoprire come finiva, però una volta preso in mano il libro e letta qualche pagina mi sentivo a mio agio nel mondo creato per i fratelli Pontecorvo.

Siamo a Roma, Samuel e Filippo sono fratelli, sono gli inseparabili del titolo, anche se – come pare sia inevitabile per tutti i fratelli – non sono mancati screzi e incomprensioni nel corso del tempo. I capitoli si alternano, un po’ il riflettore è puntato su Filippo, improvvisamente famosissimo autore di graphic novel dopo anni di indolente attività, spalleggiato e sostenuto dalle ricchezze della moglie, una ragazza viziata e piena di problemi psicologici, e un po’ sul fratello minore Samuel, impiegato nella finanza, giramondo senza radici e dalla complessa vita sentimentale. Anche il tempo scorre in maniera sincopata, alternando vicende del presente e del passato, ma la cosa non è fastidiosa anche se mi è capitato di avere il classico attimo di smarrimento sul genere Oddio di chi si sta parlando e soprattutto in quale epoca…

La famiglia Pontecorvo si regge sulla fortissima personalità della madre, Rachel, che dopo una brutta vicenda legata a uno scandalo sessuale che coinvolse il marito quando i figli erano ragazzini si è assunta tutta la responsabilità di farli crescere come se non fosse successo nulla e quella lontana tragedia di cui è vietato parlare incombe su tutti i personaggi, e li condiziona pesantemente, fino all’epilogo delle ultimissime pagine, quando tutti i nodi vengono al pettine…

A volte anche il mio “fiuto” fallisce ;)

Scelgo la maggior parte dei libri che leggo in maniera molto istintiva.
Spesso basta una suggestione, l’immagine di copertina, una frase letta di sfuggita sfogliando a caso il libro… e non sbaglio quasi mai. Pennac annovera fra i diritti del lettore quello di mollare a metà un libro che non ci piace, ma è una cosa che mi dà terribilmente fastidio, e che non faccio quasi mai.
Stavolta mi ha salvato la brevità del testo… è brutto da dire, ma sono “solo” una novantina di pagine, dai, leggiamolo fino in fondo… e poi magari migliora!
Ahimè, no.
Di ansia qui ce n’è pochissima, praticamente solo quella, devastante, invalidante, patologica della madre della protagonista, raccontata nelle prime pagine. E sì, da brava ansiosa era quello che mi aveva attirato. Speravo in qualcosa di terapeutico, in qualche modo. Che leggere nero su bianco le ansie altrui potesse insegnarmi ad avere ragione delle mie, o almeno a conviverci più serenamente.
Dopo queste prime pagine passiamo al presente. La protagonista è una donna forte, affermata, famosa. Ha un marito strano e antipatico e una tribù di figli, un po’ suoi un po’ del marito e un po’ di entrambi. Con questo marito odioso ha frequenti scontri che si trascinano in lunghi periodi di silenzi e di assenze, una relazione veramente squallida e deprimente. E poi ecco la svolta, il tumore. Alla donna viene diagnosticato un cancro, finisce in ospedale (pardon, clinica privata) e all’operazione segue la solita trafila della chemioterapia.
Trovo fastidiosa questa idea, questo cliché, di attribuire alla scoperta di una malattia grave il potere della svolta: Lea vede in qualche modo la malattia come un’opportunità di cambiare ciò che non va nella sua vita, e io la trovo una stupidaggine, o forse un’idea che ti puoi permettere se appunto fra possibilità economiche più che buone e assicurazioni private puoi evitare il più possibile i gironi infernali della sanità pubblica. Lea diventa egoista, sembra che tutto le sia permesso perché è malata, e vive come sospesa nelle giornate che separano una chemio dall’altra. Conosce un giovane insegnante di inglese, molto più giovane di lei, e vi intrattiene una relazione bizzarra, sempre in bilico, lui è innamorato e vorrebbe che lei ricambiasse, lei a lungo sembra decisa a non tradire l’orribile marito, poi di nuovo ci pensa il destino a decidere con evento esterno che li obbliga a interrompere la loro quotidianità, quindi di fatto Lea non decide un bel niente neanche questa volta, si lascia trascinare, lascia che le cose accadano, fino all’epilogo (e almeno questo non ve lo svelo, ma è prevedibile).

Deludente, deludente, deludente.
Il libro si salva solo perché Daria Bignardi scrive davvero bene, è scorrevole, fluido, ma il fastidio che ho provato per i personaggi principali mi ha spinto diverse volte a meditare di abbandonare la lettura. E forse non sapere come va a finire sarebbe stato perfino meglio…

Alice Basso, la mia droga degli ultimi mesi ;)

Credo non sia normale.
Ho divorato i libri di Alice Basso, l’ultimo in particolare non l’ho mollato finché non l’ho finito, e adesso – lo ammetto, un po’ a spizzichi, non proprio interamente – me li sono riletti tutti e tre. Perché era divertente cercare le tracce di quello che è successo nelle ultime pagine, domandarsi se era l’obiettivo fin dall’inizio, e quindi se siano stati costruiti tutti e tre con attenzione… Io quando scrivo mi lascio portare dal momento. Magari parto convinta di voler fare succedere una cosa e poi boh mi viene una frase che poi mi spiace cambiare e così finisce che la storia prende una strada diversa.
Invidio chi sa pianificare.
Mi piacerebbe conoscere l’autrice per farle un sacco di domande. Per convincerla a non fare quello che sono quasi certa che farà: nel quarto (e dovrebbe essercene anche un quinto) l’azione si aprirà qualche mese dopo la fine del terzo, e su quello che è successo nell’immediato non sapremo niente, o poche cose indirette che qua e là verranno raccontate. Ne sono quasi certa, potrei scommettere che sarà così.
Perché alla fine della parte gialla della narrazione non è che me ne importi poi molto, e non ci sono neanche dei casi così memorabili (non è una critica, e ho il massimo rispetto per cui sa costruire un buon giallo. E’ difficilissimo, sperimentato sulla mia pelle). Voglio sapere come se la cavano i nostri due, perché sono meravigliosi. Lui è il mio uomo ideale. Mi infastidisce solo il fatto che fumi, per il resto me ne sono innamorata immediatamente. E lei, beh, in lei a volte un po’ mi ci vedo, anche se poi quasi mi arrabbio quando scopro che la somiglianza è solo superficiale, e soprattutto mi ha infastidito un po’ il fatto che al momento necessario diventi pressoché perfetta. Ma forse scrivere una storia incentrata su una sociopatica sfigata veramente da qualunque punto di vista non sarebbe stato di successo…

(le copertine mi sono venute in un ordine casuale. non ho voglia di ricaricarle)

Alice Basso – L’imprevedibile piano della scrittrice senza nome – Garzanti

E peggiorerà, sai, mio clone in miniatura? Peggiorerà e finirai per non fidarti proprio per niente e proprio di nessuno, se qualcuno non si prenderà la briga di dimostrarti, possibilmente al più presto, tipo adesso, adesso che ancora puoi impararlo, adesso che sei ancora abbastanza giovane e malleabile da imprimerlo nelle ossa, che a volte ci si può anche fidare. Che fidarsi fa bene. Che non deve necessariamente andare poi tutto a puttane.
Bisogna solo che arrivi qualcuno in tempo, o dopo sarà troppo tardi, e difficile, ed estenuante, com’è successo a me.
(…)
Già. Perché se a quindici anni sei già diffidente di tuo, e incappi pure in gente che ti frega, poi hai voglia a ritrovare la via. Ogni piccolo tradimento è una minuscola scossa tellurica che ti sospinge un po’ più lontano. Poi un giorno – per esempio il giorno dopo esserti fidata di qualcuno per la prima volta dopo un sacco di tempo, diciamo mentre aspetti l’ascensore del tuo palazzo di ritorno da una notte con questo qualcuno – ti ritrovi a guardarti indietro e a chiederti quand’è che hai cominciato a non lasciare avvicinare più nessuno e a decidere che in fondo della gente non te ne importava nulla. E, sorpresa, tutto quello che riesci a rievocare è una catena di piccoli sussulti. Nessun terremoto, nessun gigantesco fattaccio traumatico, come nei film, dove un evento cardine spiega tutta una persona. Nessun genitore andato via di casa, nessun ex marito beccato a letto con la tua migliore amica. Anzi, inezie da ragazzini, semmai. Minuzie, roba che fa quasi sorridere. Micro movimenti di distacco, di deriva continentale, che non ti hanno mai veramente fatto mancare la terra sotto i piedi, ma che millimetro dopo millimetro ti hanno impresso dentro la certezza che è meglio non appoggiarsi mai del tutto, perché il suolo non è stabile, e devi sempre essere pronta a balzare via prima che si apra la crepa. E solo ora che per una notte ti sei concessa di riposare, di abbandonarti e di allentare la tensione, solo ora che finalmente hai lasciato che qualcuno si avvicinasse e – incredibile! – non solo non sei morta, ma ti è piaciuto oltre ogni immaginazione, solo ora ti rendi conto che fino a oggi è stata una maledetta fatica.

Paola Gamna ospite di Libri letti ai ferri

Mercoledì 21 giugno 2017 l’ultimo incontro con l’autore prima dell’estate: Libri letti ai ferri incontra Paola Gamna, autrice di Salva con nome – Manualetto di scrittura di memorie familiari (edizioni Golem)

Questo manualetto, che nasce da un esperimento personale e dalle riflessioni che ne sono nate, è rivolto a chi vuole cercare nei propri ricordi il frammento che Facebook non conosce, l’unicum che non si scioglie e non si amalgama con la materia liquida in cui è immerso. Accanto alla strepitosa memoria che accatasta i dati, tutti i dati, nell’immensità del web, esiste e resiste il desiderio di una memoria selettiva che non metta tutto sullo stesso piano? Che ci restituisca un’immagine unica della nostra storia intessuta di relazione con gli altri?

Un manualetto snello e vivace per recuperare e salvare la propria memoria familiare: le ricorrenze, i traslochi, la cucina casalinga e molto altro ancora possono diventare oggetto di cronaca, interviste, pagine di diario, lettere e post… Per concedersi una pausa dall’“addiction dei social network”, trovare quiete nella scrittura privata, ricordare, superare vecchi rancori e riconciliarsi con se stessi.

Dopo un breve excursus teorico, l’autrice mette in pratica i propri suggerimenti, spunti e tecniche narrative proponendo una raccolta di storie e aneddoti legati alla figura paterna e infine… La parola (e la penna!) ai lettori, stimolati da semplici esercizi a raccontare e raccontarsi.

Paola Gamna è nata a Torino nel 1947. Sempre vissuta a Torino, ha frequentato la facoltà di Lettere negli anni Sessanta.
Ha insegnato nella scuola pubblica, collaborato alla stesura di testi per le scuole e lavorato in una grande casa editrice come redattrice di enciclopedia.
È stata dal 1993 al 1997 collaboratrice dell’Ufficio del sindaco di Torino, con il compito di rispondere alle lettere dei cittadini quando ancora non si comunicava via e-mail.
Per approfondire la conoscenza del mondo arabo si è laureata, dopo i cinquant’anni, in Comunicazione interculturale.
L’ultimo lavoro è stato, nel 2010, l’incarico di direttrice del Centro Piemontese di studi africani. Da allora lavora come volontaria in una scuola media, dove insegna l’italiano ai ragazzi stranieri.

Come sempre ci incontriamo con i nostri lavori a maglia presso VIACALIMALA via Monti 9bis Torino a partire dalle 17. Ascolteremo Paola Gamna raccontarci del suo libro e dialogheremo con lei e con le nostre memorie familiari fra un dritto e un rovescio ;) (ma può venire anche chi non ha un lavoro sui ferri!)

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