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Il mio omicidio – Katie Williams

Un libro che indaga sulla maternità, sulle scelte che deve fare una donna.

Lou è una giovane donna, sposata, senza problemi economici, e madre da pochi mesi. Anzi, è un clone di tutto ciò, vittima di un serial killer. Lei e le altre donne uccise nello stesso modo sono state riportate in vita da una commissione governativa e ora sono monitorate da un programma e sottoposte a incontri di aiuto.

Ma Lou trova delle stranezze nella sua vicenda che la spingono a indagare più a fondo fino a scoprire che il serial killer non è il responsabile della sua morte. Ma allora chi è stato? Un delinquente qualsiasi, o il marito, così attento e amorevole?

Fino alle ultime pagine si resta col fiato sospeso, in attesa della rivelazione.

Non c’è mai stato un omicidio, si trattava di un caso di depressione post partum, la Lou “originale” è viva e le viene data la possibilità di vivere come meglio crede, lontano dalla piccola Nova, mentre sarà la Lou “seconda” ad occuparsi di lei e a proseguire quella vita.

Un libro molto originale, scritto bene, ricco di tensione.

Chi si ferma è perduto

Sto leggendo (da troppo tempo!) questo libro, scritto in coppia da Marco Malvaldi e signora, ovvero Samantha Bruzzone.

E’ il “solito” intreccio giallo pallido, cioè quasi per niente, scritto con maestria, di cui sospetto essere in buona parte colpa delle mani di Samantha Bruzzone. Intendiamoci, a me piacevano molto anche i libri scritti dal solo Malvaldi, ma questo – a dispetto del tempo che ci sto mettendo a leggerlo – ha un qualcosa in più. Una nuova protagonista del giallo italiano, una investigatrice destinata a far breccia nel cuore dei lettori: Serena Martini, caparbia e curiosa e con tanto tempo a disposizione, visto che ha abbandonato il lavoro. Martini ha un un olfatto formidabile e professionalmente coltivato che le consente di distinguere perfino i singoli componenti chimici delle sostanze. Il passaggio da testimone in un caso di omicidio a investigatrice è così inevitabile. L’inchiesta ufficiale è invece condotta da Corinna Stelea, sovrintendente di polizia alta quanto un giocatore di pallacanestro. La coppia indirizza i sospetti verso i traffici del convento che gestisce la scuola. Molti pettegolezzi accompagnano l’indagine e molti segreti saranno svelati.

Una challenge singolare…

Ecco qui la cartolina della challenge 2020 di Radical Ging. Dodici mesi, dodici libri di Agatha Christie.

Ecco un’autrice a cui sono affezionata: mi ricorda le estati passate in campagna, la solitudine, mia cugina con cui ormai c’è troppa distanza.

Sarà un impegno alla portata, un libro al mese…

PS Trovate tutte le info per partecipare nell’articolo che linko qui.

Scelte poco felici…

Ogni tanto bisogna anche parlare dei libri che non ci sono piaciuti… Come spesso dico, non tutte le ciambelle escono col buco e anche se ho affinato abbastanza bene il mio “fiuto” e non prendo più di tanto delle fregature, ahimè capita.

Scorrendo l’elenco delle letture degli ultimi mesi (a proposito, ho scoperto qualche tempo fa Goodreads e mi ci trovo bene, anche se è in inglese. Principalmente per questo motivo non mi metto a scrivere giudizi sui libri che leggo ma mi limito alle stelline, tanto per tenere traccia della faccenda) ho trovato qualche scelta che non si è rivelata molto felice.

Non me ne vogliate, ma non amo Manzini. Adoro Schiavone come personaggio, adoro l’interpretazione di Giallini, ma niente, lo stile di Manzini proprio non mi prende. Perciò è stato un errore decidere di leggere Sangue Marcio, il primo libro pubblicato da Manzini nel 2005. Una storia inquietante che vede intrecciarsi le vite di due fratelli separati da bambini dal disgregarsi della famiglia in seguito all’arresto del padre. Trent’anni dopo, uno dei due è un giornalista, l’altro un commissario di polizia. Ma la sinistra ombra del padre continua a incombere su di loro, come una maledizione.

Ho trovato la storia confusa e difficile da seguire, certo, alla luce dell’epilogo (che ovviamente non svelerò) tutto diventa più chiaro, ma mentre uno sta leggendo il libro si domanda spesso di chi si sta parlando, chi è in scena e cosa sta succedendo…

Avevo letto con entusiasmo un libro di Valeria Corciolani che mi era piaciuto parecchio. Si intitola Acqua Passata, consigliatissimo. Ne avevo anche scritto qui. Purtroppo trovare i suoi libri non è facile, mi sono capitati perlopiù ebook per il kindle, che non ho né voglio avere, e ho finito per leggere Lacrime di coccodrillo essenzialmente perché era l’unico che ero riuscita a trovare facilmente. Ahimè. Ho cominciato ad apprezzarlo ben oltre la metà, quando finalmente sono entrata nella storia e ho cominciato a capire cosa stavo leggendo. Capitoli brevissimi con continui cambi di pdv che non aiutano a seguire il senso di ciò che si sta leggendo. Tuttavia non posso dire che non mi sia piaciuto, lo stile e l’ironia che avevo amato in Acqua Passata sono riconoscibili, ma avrei apprezzato uno stile un po’ più ordinario e ordinato di condurre la storia.

Ci sono tre amiche, Guia, Lucia e Betti che lavorano insieme come party planner. Hanno vite molto diverse, una ha una famiglia più o meno tradizionale per quanto un po’ caotica, un’altra insegue la felicità sbagliando puntualmente uomo… Una notte Betti chiama le amiche dicendo di aver ucciso il tizio con cui stava uscendo (e che le altre due disapprovavano) ma resta il fatto che il cadavere non si trova… sarà morto davvero o l’amica ha le allucinazioni? Nel giallo e nelle indagini si inserisce l’ambigua amicizia che nasce fra il commissario Lanzi, incaricato delle indagini, e Guia. Sarà solo amicizia o sarà qualcosa di più?

Quest’ultimo libro l’ho letto per pura curiosità nei confronti dell’autore, e a causa di una mia personale mania sono andata a cercare il primo della serie, non avrei sopportato di leggere quello che era appena uscito, e che era se non ricordo male il settimo dello stesso filone. Ecco, quindi magari ha corretto il tiro. Perché giuro la storia mi è piaciuta, era intrigante e per niente banale la soluzione. Però per la miseria non mi puoi ambientare un libro in una grande città, scrivere un giallo, quindi non una storia intimista, chiusa in un piccolo spazio, e non dare un solo cognome ai tuoi personaggi. Cioè, solo il commissario e il suo vice hanno un nome e un cognome, tutti gli altri solo il nome. Non ha nessun senso! Come fa ad essere credibile una scena in cui il suddetto commissario arriva nel cortile del pronto soccorso di un ospedale enorme, vede un tizio (che non conosce ancora) in un angolo, gli si avvicina e gli dice “Salve, lei è Andrea, vero? Buongiorno, noi ci stiamo occupando della morte di Elena, dovremmo farle qualche domanda”? Avrei smesso più o meno qui, ma ero come al solito curiosa di sapere chi l’aveva uccisa, questa mia omonima di carta, e il libro era molto breve… Tutto così, coi poliziotti che parlano fra loro del caso indicando tutti per nome. Chissà, magari gli do un’altra chance e ne leggo uno più avanti, a vedere se si è accorto di questa assurdità…

23 aprile: Giornata mondiale del libro e del diritto d’autore

Per celebrare questa giornata la Commissione Nazionale Italiana per l’Unesco ha stilato un elenco di libri ambientati nelle 20 regioni italiane: due libri per ciascuna regione con l’intento di legare la narrativa al territorio e stimolare l’interesse dei lettori. 

Confesserò subito che dei due libri scelti per il Piemonte ho letto solo il primo, ma non – come moltissimi – a scuola. O meglio, sicuramente era fra le letture consigliate, o magari anche imposte, ma da ragazzina coi libri di guerra non ci andavo d’accordo. Troppa azione, pochi sentimenti, e nessuna protagonista femminile più o meno memorabile (devo dire che questa faccenda del personaggio femminile mi è rimasta, fatico tantissimo a leggere una storia priva di donne). Quindi sicuramente avevo scelto altro (solitamente la nostra insegnante dava un’alternativa, o ci segnalava un gruppo di libri fra cui dovevamo leggerne almeno uno) o mi ero aggiustata con qualche bignami… Anni dopo ho letto Pavese per libera scelta e con soddisfazione.

Vediamo come sono messa con gli altri libri… uhm… sono quasi tutti uno “d’epoca” o “da letture scolastiche” e uno più contemporaneo. Ho letto quasi tutti quelli del primo gruppo e solo cinque o sei del secondo. È curioso che per alcune regioni ci siano due libri contemporanei, come se non ne esistessero altri, mentre il contrario accade solo per il Friuli.

Ok, ora sono curiosa di scoprire qualcosa di più su questo “Mandami tanta vita”. Vado a informarmi.

Fiori sopra l’inferno

Qualche giorno fa ho visto una pubblicità di un qualche concorso letterario che utilizzava come “incoraggiamento” il fatto che lo scorso anno fosse stato vinto da Ilaria Tuti che poi ha pubblicato con Longanesi e avuto un certo successo, e così mi sono ricordata di averlo letto, quest’estate, e anche che mi era piaciuto parecchio. Lo so, non suona benissimo come inizio, ma ho letto davvero un mucchio di cose mentre avevo la mano ingessata e potevo fare poco altro, e lo ammetto, alcune letture sono state disordinate, o particolarmente bulimiche.

Dopo le prime pagine ero indecisa se andare avanti perché le atmosfere erano davvero molto cupe e mi stava facendo un po’ paura… sono una fifona, leggo un sacco di gialli e qualche thriller ma guardo L’ispettore Rex col volume basso e i sottotitoli alla pagina 777 per non fare salti sulla poltrona quando sparano o esplode qualcosa… però sono andata avanti perché ormai la storia mi aveva preso, e anche la protagonista, il commissario Teresa Battaglia, una donna molto “vera”, non la solita improbabile poliziotta che più che altro sembra una modella, ma una donna non più giovane, non eccessivamente in forma fisica, con un carattere spigoloso e difficile, bravissima nel suo lavoro ma decisamente temuta e poco amata dai colleghi. Per questa indagine le viene affiancato un giovane ispettore che è quasi il suo opposto, giovane, belloccio, intelligente e preparato ma che un po’ per sfiga e un po’ perché sente come una punizione essere finito in un posto come Travenì quasi ai confini del mondo, non ne azzecca una, collezionando una serie infinita di gaffes. Teresa Battaglia nasconde un terribile segreto (all’inizio ho anche pensato che fosse l’assassina…) e Marini lo intuisce, e cerca di capire, instaurando uno strano rapporto con il suo superiore. Vedremo dove andrà a finire questa sottotrama, visto che è previsto un nuovo capitolo dal titolo Ninfa Dormiente, che dovrebbe uscire a breve.

A Travenì, un paesino in alta montagna ai confini con l’Austria, viene ritrovato un cadavere, appartenente a uno dei (pochi) abitanti. La scena del delitto è particolare, una raffinata messa in scena che fa pensare a una mente criminale particolare e pericolosa. Il commissario Battaglia deve scontrarsi con la mentalità chiusa del paese, con gli abitanti che si proteggono uno con l’altro, e cercare di trovare il colpevole, prima che succeda qualche altra disgrazia. Perché lei è certa che non sia finita con la morte del povero Roberto Valent… E a tutto questo si intreccia in maniera sempre più stretta una storia del passato, un orfanotrofio le cui rovine incombono sul paese e in cui si dice siano accadute cose terribili…

Maurizio De Giovanni, Sara al tramonto, Rizzoli

È uscito da pochissimi giorni Le parole di Sara, il seguito di Sara al tramonto che ho letto quest’estate. Ahimè ci sono ancora molti libri che ho letto quest’estate quando avevo la mano ingessata e di cui non ho scritto nulla. Non credo riuscirò a recuperare tutto l’arretrato, visto che nel frattempo continuo a leggere (o rileggere) ma ci provo.

Ero diffidente, lo ammetto. Maurizio De Giovanni è noto al grande pubblico per I bastardi di Pizzofalcone e benché io legga volentieri gialli e noir, boh, no. Sarà che i film o le serie tratte dai libri sono quasi sempre peggio del libro da cui partono, sarà che diffido delle cose di troppo successo… Poi come a volte succede, ho letto qualche recensione che ne parlava, sono stata attirata da una protagonista femminile e ho vinto le mie resistenze assurde (e l’ancor più assurda ostilità che ho per il nome Sara) e mi sono tuffata nella lettura.

Mi sono innamorata in poche pagine di questa donna al tramonto (si fa per dire, per fortuna!) in pensione, vedova da poco e colpita anche dal lutto per la morte dell’unico figlio, da cui però s’era allontanata quando era ancora bambino, e mai riavvicinata. Ancor giovane, ma messa in congedo da un lavoro misterioso, difficile e pericoloso – la donna ha infatti dedicato l’intera esistenza ai Servizi – lascia che le nuove vuote giornate le scivolino addosso cercando di opporvi la minor resistenza possibile. Ma secondo il più trito dei cliché da certi lavori non si può davvero andare in pensione, e Sara si trova coinvolta in una indagine particolare, un caso di omicidio già chiuso, con una colpevole che forse non è colpevole, e che dal carcere riesce a instillare il seme del dubbio per cercare di salvare la propria figlia bambina, affidata agli zii. Nell’indagine la affiancano un ispettore piuttosto assurdo, in lutto per la fine del proprio matrimonio e vessato da un enorme cane (adottato come estremo regalo per recuperare il rapporto con la moglie, bel tentativo, ma fallito) che non gli dà retta neanche per sbaglio e che invece ubbidisce ciecamente ad un semplice cenno di Sara, e una ragazza giunta quasi al termine della gravidanza. La ragazza, Viola, è la compagna del figlio ormai morto di Sara. Il bizzarro terzetto porta a termine l’indagine fra una scena malinconica e un siparietto comico, i rapporti si cementano e in effetti non era difficile immaginare che ci sarebbe stato un secondo capitolo.

L’unica cosa che non mi è piaciuta, o meglio che ho trovato molto poco credibile in una storia assolutamente realistica, è questa faccenda dei Servizi. La protagonista lavorava in una sorta di servizi segreti probabilmente deviatissimi, la cui potenza e il cui grado di infiltrazione a qualunque livello mi sembra davvero assurdo. Entrata giovanissima in questa realtà grazie alla sua capacità fuori dal comune di leggere le labbra a grande distanza e di essere capace di rendersi pressoché invisibile in qualunque situazione, Sara si è innamorata – ricambiata – del grande capo e per lui ha lasciato il marito e il figlio piccolo, e non è mai tornata indietro. Alla morte del compagno si è ritrovata con una enorme quantità di dossier che riguardano praticamente tutti i misteri irrisolti della storia italiana e anche questo mi pare veramente assurdo. Posto anche che davvero ci sia qualcuno che conosce queste cose, non credo proprio che ci siano decine e decine di cartellette ordinate in cui viene spiegato tutto, e tanto meno che questo materiale possa essere stato fatto uscire dagli uffici e possa trovarsi nell’abitazione privata di qualcuno… Sara ovviamente decide di non aprire nessuno di quei documenti, ma li conserva.

Non so, quando leggo una storia plausibile e poi ci trovo una cosa così mi sento un po’ ingannata, come se l’autore avesse abusato della fiducia che i lettori gli hanno accordato.

Barbara Fiorio, Chanel non fa scarpette di cristallo

Dopo luuuunga e infruttuosa ricerca del cartaceo di questo libro, mi sono arresa all’ebook, dopodiché ho smadonnato un bel po’ per avere ragione delle solite protezioni che non vanno d’accordo con Linux anche se ho acquistato del tutto legalmente (ps comprate da Streetlib, e vivrete un pochino meglio)

E’ il primo romanzo di Barbara Fiorio, uscito ormai otto anni fa, e ne sapevo pochissimo, praticamente solo che l’argomento del libro sono le favole, ma non quelle che ci hanno raccontato quando eravamo bambine, bensì quelle vere. Questa cosa deve essere un’ossessione di Barbara, visto che negli anni ci ha scritto su un altro romanzo (Qualcosa di vero) e un saggio ironico (C’era una svolta)!

Troviamo tre amiche, Maddalena, Penelope e Beatrice, nella prima scena impegnate a vegliare sul matrimonio di una quarta amica, che ha scelto il “lieto fine” ed esce così dalle loro vite. Non tardiamo a scoprire che queste ragazze non sono altro che le protagoniste delle favole, imprigionate in una eterna giovinezza sempre uguali a se stesse nel mondo degli umani, e perciò costrette ogni un tot di anni a rompere tutti i legami e a traslocare lontano, in un posto dove nessuno le conosce e dove possono ricominciare da capo la loro esistenza.

Il problema è un patto, che centinaia di anni prima è stato stretto dal diavolo e da alcuni degli autori più famosi della letteratura internazionale: da allora i protagonisti dei loro libri vagano per il mondo umano, cercando di non farsi scoprire, ogni tanto scelgono il “lieto fine”, ossia di diventare davvero reali, dimenticare il passato e invecchiare e morire proprio come capita agli uomini. Alcuni decidono invece di trovarsi bene in questa strana dimensione sospesa, e possono contare sull’aiuto e l’amicizia degli altri personaggi letterari, dando vita così a curiosi miscugli di generi.

Le nostre tre protagoniste sono state fino a questo momento molto decise nella loro scelta di restare una favola, ma ora sembra che qualcuno le stia minacciando, qualcuno che ha prospettato all’editore di Beatrice (scrittrice di favole) un libro-bomba, e per stuzzicarlo meglio gliene ha consegnato una parte, che descrive un po’ troppo fedelmente la vita segreta delle ragazze.

Il finale è una vera e propria sorpresa, e quindi non va svelato.

Un libro ironico, leggero ma non banale, in cui si vedono le caratteristiche delle opere successive e più riuscite della Fiorio, una storia divertente e originale che a tratti mi ha ricordato un po’ le atmosfere dei libri di Stefania Bertola, quei rosa non melensi, moderni e intelligenti che leggo sempre con gusto.

PS ho finito di leggerlo (con lacrimuccia annessa per colpa del gatto Zorro) mentre ero in treno e andavo a Genova per il debutto di Vittoria, la creatura più recente di Barbara ;)

Alessandro Piperno, Inseparabili

Sono rimasta molto indietro con le mie piccole “recensioni” (oddio, che parola impegnativa…) D’altra parte, quest’estate, con la mano ingessata, non potevo fare quasi niente altro che leggere, e invece scrivere, anche digitando su una tastiera, era un’impresa veramente faticosa. Cerchiamo di recuperare.

Questo “Inseparabili” stava nel mio lettore ereader da un sacco di tempo (è uscito nel 2012 per Mondadori) al punto che non ricordavo neanche più perché ce lo avessi messo… di solito sono istintiva con le mie scelte di libri, ma se passa tanto tempo sono capace anche di dimenticarmi il motivo che mi ha spinto a scegliere un libro o un altro. E la cosa che mi inquieta di più è stato scoprire, solo alla fine della lettura, che questo Inseparabili era diviso in due parti e io ho letto la seconda ma non la prima… vabbè.

Alessandro Piperno, Inseparabili
La copertina

E’ stata una lettura scorrevole e piacevole, anche se devo ammettere che non mi ha proprio preso, non avevo l’ansia di andare avanti e scoprire come finiva, però una volta preso in mano il libro e letta qualche pagina mi sentivo a mio agio nel mondo creato per i fratelli Pontecorvo.

Siamo a Roma, Samuel e Filippo sono fratelli, sono gli inseparabili del titolo, anche se – come pare sia inevitabile per tutti i fratelli – non sono mancati screzi e incomprensioni nel corso del tempo. I capitoli si alternano, un po’ il riflettore è puntato su Filippo, improvvisamente famosissimo autore di graphic novel dopo anni di indolente attività, spalleggiato e sostenuto dalle ricchezze della moglie, una ragazza viziata e piena di problemi psicologici, e un po’ sul fratello minore Samuel, impiegato nella finanza, giramondo senza radici e dalla complessa vita sentimentale. Anche il tempo scorre in maniera sincopata, alternando vicende del presente e del passato, ma la cosa non è fastidiosa anche se mi è capitato di avere il classico attimo di smarrimento sul genere Oddio di chi si sta parlando e soprattutto in quale epoca…

La famiglia Pontecorvo si regge sulla fortissima personalità della madre, Rachel, che dopo una brutta vicenda legata a uno scandalo sessuale che coinvolse il marito quando i figli erano ragazzini si è assunta tutta la responsabilità di farli crescere come se non fosse successo nulla e quella lontana tragedia di cui è vietato parlare incombe su tutti i personaggi, e li condiziona pesantemente, fino all’epilogo delle ultimissime pagine, quando tutti i nodi vengono al pettine…

Un altro personaggio notevolissimo

Sono indietro, ho da postare le mie impressioni di lettura di un po’ di cose ma… boh, in questi giorni mi sembra di non avere mai abbastanza tempo.
Prevedibilmente, sono uscita dal Salone leggermente ubriaca per tutti quei libri che non avrò mai abbastanza tempo per leggere, e questo mi ha mandato un po’ in crisi. Tutto normale, passerà.

Ma intanto per uno di quei miei percorsi strani sto leggendo questo libro

Valeria Corciolani - Acqua Passata
Valeria Corciolani – Acqua Passata

e sono di nuovo innamorata.

«Non credo al destino e neppure al caso. Ma ieri ci siamo incontr…»
«Un imprevisto» lascia cadere con la sua voce piena che riempie i vuoti.
«Come, scusa?»
«Un imprevisto. L’averti incontrato è stato un imprevisto.» Alma lo guarda con quei suoi occhi ambrati, che scavano senza averne l’aria. «La mia vita era liscia, impostata con la meticolosa attenzione di chi vuole ridurre al minimo le variabili della sorte. E invece sbam!, ti svegli una mattina e tutto rotola, facendoti precipitare sulla casella dell’imprevisto. Non ho ancora capito se la carta che ho pescato è vantaggiosa o meno, ma mi sei capitato e, nonostante ci abbia provato in tutti i modi, sembra sia impossibile rimetterti nel mazzo e far finta di nulla. Quindi…» Fa una piccola smorfia e riprende a camminare.
«Perciò sarei un tuo imprevisto» ripete Rosset, leggermente perplesso. «E non ti pare una roba strana da dire?»
Alma si volta e lo fissa seria.
«Siamo stati tutti l’imprevisto di qualcun altro.»
Jules resta un attimo appeso a quella frase, che gli pare bordeggiare fra l’emozione di un regalo e la sciagura di una catastrofe, poi scrolla le spalle e allunga il passo per affiancare Alma.

Alma sbuffa ancora. Già, le pesa ammetterlo, ma è vero: si è sentita lusingata, apprezzata, importante. Unica. Quel rude, antipatico, molesto ispettore l’ha fatta sentire speciale e indispensabile. L’ha scrollata dalla sua quotidiana apatia e per due giorni le ha sconquassato l’esistenza costringendola a tirarsi fuori dal buco, dove si era rintanata per non essere trovata dalla vita. Per paura di cosa? È sopravvissuta al terremoto della fuga di Enrico, alla deflagrazione del suo mondo di prima, a quattro figli e una suocera da mantenere e ha paura di cosa potrebbe succedere adesso? Ma guarda te se ci voleva uno sconosciuto a sbatterle davanti al naso l’evidenza: lei non è solo una moglie abbandonata, una madre trafelata, una nuora esasperata e una colf invisibile infagottata in maglioni larghi e giacconi informi per l’assurda convinzione che fuggire agli sguardi è uguale a non esistere. Lei è Alma Boero Kouyatè. Una donna di quarant’anni con un buon cervello, un aspetto decoroso e a Dio piacendo ancora mezza vita davanti. Fa un piccolo sospiro, è l’aver scoperto di esser viva grazie a una morta che le dà fastidio.

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