assaggino n.3

Lungo la strada Berkick si interrogò su quel poco che Elenj aveva rivelato, ma senza cavarne un granchè. Anche se aveva rotto con la famiglia, doveva fare molta attenzione. I Kirshartel erano potenti, e ci mancava solo di inimicarseli per non aver salvato il ragazzo.
Arrivato in città si informò subito sulla strada da prendere e chiese contatto con l’autore del messaggio ricevuto, spiegando che era il figlio di Devon di Ylis.
“Buonasera. Avete fatto in fretta”
“Ho avuto un buon viaggio, per fortuna. Sentite… io… beh, mio padre è morto…”
“Oh, mi dispiace. Non lo sapevo”
“Lo so. Quel vostro messaggio… l’ho ricevuto io al suo posto. Sono il nuovo medico di Ylis, mi chiamo Berkick”
“Ah, bene, siete medico anche voi. Questo mi rassicura molto!” l’uomo non sembrava molto convinto del fatto suo, nonché particolarmente lieto di poter lasciare a un altro il problema in cui s’era trovato suo malgrado.
“Sentite, la lettera che c’era insieme alla vostra… questo Lyos sembrava conoscere bene mio padre. Io invece non l’ho mai visto, non so chi sia. Mancavo da Ylis da molti anni. Ma mi è sembrato mio dovere venire qui e vedere se potevo fare qualcosa per lui… è… è vivo, vero?”
“Sì, è vivo. Ma le sue condizioni restano serie. Io sinceramente non so cosa fare di più” ammise
“Posso vederlo?”
“Sì, certo. Vi accompagno nella stanza”

Quell’uomo, poco più d’un erborista, aveva curato le ferite in maniera approssimativa. Era stato fortunato e per la maggior parte non avevano fatto infezione, ma Berkick si preoccupò subito vedendo le condizioni di una gamba: era gonfia e livida, la pelle tesa come se dovesse rompersi da un momento all’altro. Il paziente aveva la febbre alta e non era cosciente.
Berkick maledisse la necessità di restare in quel luogo, avrebbe voluto essere a Ylis nel suo studio, pulito e attrezzato. Si fece relazionare su quanto era successo fino a quel momento e utilizzò immediatamente un rimedio solitamente efficace contro la febbre. Voleva che si svegliasse per potergli parlare e capire meglio come agire, ma se non riusciva a far scendere la febbre non sarebbe certamente accaduto. Passò parecchio tempo a esaminare tutte le ferite e a medicarle meglio, spalmò un unguento sui lividi, senza smettere di domandarsi che cosa poteva mai essergli successo.
Come gli aveva detto l’elfa, Lyos poteva avere la sua stessa età, forse qualcosa in più. Aveva corti capelli già brizzolati, fisico longilineo ma muscoloso e pareva in buona forma.
La febbre non scendeva… la medicina avrebbe già dovuto fare il suo effetto, e invece…
Berkick esaminò ancora la gamba che lo preoccupava e tastandola accuratamente sentì che l’osso non era integro. La frattura poteva aver danneggiato muscoli e tendini, poteva aver compromesso del tutto l’uso dell’arto. Imprecò a mezza voce e decise di intervenire subito, approfittando dello stato di incoscienza dell’uomo. Avrebbe voluto il suo assistente, ma lo aveva lasciato a Ylis ad occuparsi dell’infermeria, e non aveva nessuna intenzione di farsi aiutare dall’erborista locale: se solo avesse capito le reali condizioni di Lyos non avrebbe lasciato peggiorare quella gamba fino a quel punto, o almeno Berkick lo sperava. Non sembrava un incosciente, solo poco preparato.
Pulì meglio che poteva l’infezione che si era creata e riallineò l’osso. Non poteva bloccarlo completamente altrimenti il taglio non sarebbe guarito, ma se non avesse inciso l’infezione lo avrebbe ammazzato nel giro di qualche giorno. Certo, così rischiava che non si rinsaldasse esattamente nel modo giusto, forse avrebbe zoppicato per il resto dei suoi giorni, ma gli sembrava preferibile, in cambio della vita. Sempre poi che non ci fossero danni peggiori… Berkick non riusciva proprio ad essere ottimista.
Invece già alla sera il paziente sembrava stare meglio: la febbre era calata, i parametri vitali erano regolari e apparentemente riposava tranquillo.
Berkick rifiutò la stanza che gli era stata offerta e si attrezzò un giaciglio poco distante dal letto del malato. C’era già una pallida luce che annunciava l’alba quando lo sentì lamentarsi debolmente. L’uomo aprì gli occhi, lo fissò per qualche istante
“Assomigliate molto a Devon… ma siete troppo giovane” mormorò
“Sono Berkick, sono suo figlio” iniziò a spiegare, ma un leggero movimento strappò a Lyos un grido per il dolore e lui lasciò perdere le formalità “Fermo, non ti muovere! Hai una ferita quasi aperta, non devi muovere per nessun motivo la gamba”
“Scusa” ansimò, pallido per il dolore.
“Mi dispiace, dovevo spiegartelo subito. Fa molto male? Vuoi del calmante?”
“No, non voglio dormire di nuovo” rispose deciso.
“Tranquillo, non ti intontirà… è una mistura che ho preparato io, ho bilanciato in maniera diversa i componenti…”
“Grazie”
Berkick osservava il suo paziente, gli era riuscito immediatamente simpatico. Lo colpiva il suo sguardo, intenso, diretto, gli occhi azzurri estremamente penetranti e per nulla offuscati dal dolore che di certo provava. Pensò che doveva essere un uomo coraggioso.
Anche Lyos guardava con curiosità questa specie di copia di Devon, solo più giovane e più grassa. Gli sembrava una persona di cui ci si poteva fidare. Non che possa scegliere, pensò amaramente. Sentiva male praticamente in ogni parte del corpo, e aveva i ricordi confusi rispetto a ciò che era accaduto.

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