Alice Basso – L’imprevedibile piano della scrittrice senza nome – Garzanti

E peggiorerà, sai, mio clone in miniatura? Peggiorerà e finirai per non fidarti proprio per niente e proprio di nessuno, se qualcuno non si prenderà la briga di dimostrarti, possibilmente al più presto, tipo adesso, adesso che ancora puoi impararlo, adesso che sei ancora abbastanza giovane e malleabile da imprimerlo nelle ossa, che a volte ci si può anche fidare. Che fidarsi fa bene. Che non deve necessariamente andare poi tutto a puttane.
Bisogna solo che arrivi qualcuno in tempo, o dopo sarà troppo tardi, e difficile, ed estenuante, com’è successo a me.
(…)
Già. Perché se a quindici anni sei già diffidente di tuo, e incappi pure in gente che ti frega, poi hai voglia a ritrovare la via. Ogni piccolo tradimento è una minuscola scossa tellurica che ti sospinge un po’ più lontano. Poi un giorno – per esempio il giorno dopo esserti fidata di qualcuno per la prima volta dopo un sacco di tempo, diciamo mentre aspetti l’ascensore del tuo palazzo di ritorno da una notte con questo qualcuno – ti ritrovi a guardarti indietro e a chiederti quand’è che hai cominciato a non lasciare avvicinare più nessuno e a decidere che in fondo della gente non te ne importava nulla. E, sorpresa, tutto quello che riesci a rievocare è una catena di piccoli sussulti. Nessun terremoto, nessun gigantesco fattaccio traumatico, come nei film, dove un evento cardine spiega tutta una persona. Nessun genitore andato via di casa, nessun ex marito beccato a letto con la tua migliore amica. Anzi, inezie da ragazzini, semmai. Minuzie, roba che fa quasi sorridere. Micro movimenti di distacco, di deriva continentale, che non ti hanno mai veramente fatto mancare la terra sotto i piedi, ma che millimetro dopo millimetro ti hanno impresso dentro la certezza che è meglio non appoggiarsi mai del tutto, perché il suolo non è stabile, e devi sempre essere pronta a balzare via prima che si apra la crepa. E solo ora che per una notte ti sei concessa di riposare, di abbandonarti e di allentare la tensione, solo ora che finalmente hai lasciato che qualcuno si avvicinasse e – incredibile! – non solo non sei morta, ma ti è piaciuto oltre ogni immaginazione, solo ora ti rendi conto che fino a oggi è stata una maledetta fatica.

Toni 1 maggio 2001 – 11 luglio 2017

Era fine marzo del 2001.
Vivevo per conto mio da due mesi, la casa era ancora da finire. Avevo anche un compagno, e di fatto ormai vivevamo insieme anche se non l’avevamo deciso, non ne avevamo parlato, non l’avevamo pianificato. Il colpo di fulmine migliore della mia vita, immagino. Avevo un lavoro stabile, esistevano ancora i contratti a tempo indeterminato, e io ne avevo uno.
Mi suona il telefono, era la mia amica, quella degli anni dell’università, quella molto *più* di me in ogni senso, eppure per anni ha funzionato e a lei devo un sacco di scoperte, una volta faticosamente uscita dal mio ferreo guscio in cui avevo cercato di attraversare col minor numero di danni tutta l’adolescenza.
– Ciao, senti, ma dicevi sul serio di volere un gatto? Perché sai la gatta di mia madre è di nuovo incinta e se non glieli piazzo prima che nascano non li vuole tenere.
– Certo che dicevo sul serio. Uno è mio. Quando nascono?
Nei due mesi che ci mette una gatta a fare i cuccioli io mi ero comprata “Il gatto for dummies” e mi ero preparata, avevo preso un enorme trasportino superaccessoriato, ciotole e tutto quello che può servire. Niente cuccia, non è un cane, ed è noto a tutti, perfino a me che fino a quel punto avevo avuto a malapena qualche pesce rosso e uno sfortunatissimo porcellino d’india che era vissuto solo tre settimane, che i gatti si scelgono da soli dove vogliono stare.
Il 16 giugno eravamo pronti per andare a prendere la creatura, un po’ prestino visto che secondo la mia amica erano nati il 24 aprile, ma dopo un’altra gatta aveva partorito nello stesso rifugio della prima e quindi c’era un caos di una decina di cuccioli tutti uguali e di età diverse, e comunque la vita in cascina stava diventando pericolosa.
Era un sabato, faceva caldissimo e il viaggio fino ad Alessandria troppo lungo per la mia Panda ovviamente priva di aria condizionata.
Eravamo emozionati come veri genitori.
Mi ricordo che mi sentivo una merda a scegliere un gatto e lasciare indietro gli altri, che sarebbero rimasti lì fra pericoli assortiti. Avevo la testa infarcita di “guardagli gli occhi, il naso, il pancino, il pelo, cercane uno che ti sembri sano” e poi nella pratica ero lì nella mia assurda camicetta a quadretti vichy rosa a cercare di tenere in equilibrio tutti i cuccioli che la madre della mia amica mi stava mettendo in braccio, tutti insieme.
Temo di aver scelto a caso, la prima che ho preso, o quella che non ha cercato immediatamente di scendere dilaniandomi una mano.
Eccoci, in tutto il nostro splendore:

(foto miracolosamente salvatasi da varie disgrazie informatiche nel corso degli anni)

Sai vero che ti stai ipotecando i prossimi quindici anni di vita?

Ne sono passati sedici, e tre settimane.
In mezzo, in rigoroso disordine, mi sono licenziata dal mio posto fisso prima di dare fuoco all’ufficio, abbiamo trovato un’altra gatta e l’abbiamo tenuta sperando che la convivenza funzionasse, ho avuto un negozio per sei anni, ho vissuto nelle maniere più incredibilmente caotiche, mi sono innamorata di un altro uomo a cui non interessavo, ho lasciato quello con cui vivevo, ho lavorato nei peggiori callcenter della città, ho cercato di far funzionare una relazione con il mio migliore amico, non ci sono riuscita, mi sono innamorata di nuovo della persona sbagliata che tuttavia amo con tutta me stessa e non me ne frega niente se è quello sbagliato, mi sono messa in analisi, ho imparato ad avere delle amiche femmine, ho scoperto di avere della manualità che non sapevo di avere, non ho imparato a vivere da sola ma lo faccio lo stesso da nove anni. Continuo ad odiare e desiderare allo stesso tempo il grande fiume tranquillo, la routine, una vita regolare.

In questi sedici anni e tre settimane Toni è sempre stata con me. La mia relazione affettiva più stabile, esclusi i parenti. Ma i parenti non te li scegli.
Toni con la i normale, sì, è una femmina, appunto. Si chiama così per via di un fumetto, hai presente Julia della Bonelli? Anche quella gatta è femmina, anche se è bianca e ha il pelo lungo.

Quando io e il mio compagno ci siamo lasciati per un po’ si è parlato di dividerci le gatte, una a testa, e non c’è mai stato dubbio che Toni sarebbe rimasta con me. Toni era la mia gatta, dicevano anche che ci somigliavamo. Poi per fortuna non è successo e sono rimaste entrambe. Credo che fra loro non si siano mai amate troppo, più tollerate che altro. Un paio di volte m’è toccato fare dei fotomontaggi per farle risultare insieme in una foto…

Toni dormiva con me, aveva un cuscino sul letto, di fianco al mio. Se mi svegliavo di notte tormentata da qualche ansia allungavo la mano, la appoggiavo sul suo pelo morbido e mi riaddormentavo tenendole una zampa. Funzionava.

Toni se ne è andata una settimana fa, la notte fra il 10 e l’11 luglio 2017. Era in clinica, e mi dispiace tantissimo che fosse lì da sola, anche se le ultime due notti a casa erano state un incubo, avevo il terrore che morisse di notte mentre ero da sola, andavo a controllarla diecimila volte per notte, non dormivo quasi niente e piangevo, sapendo che era il capolinea e non era giusto implorarla di restare ancora. Alla fine la fatidica decisione non l’ho dovuta prendere, ha fatto da sola. Il ricordo di quando il veterinario mi ha accompagnato a vederla, il mattino dopo, mi tormenterà ancora a lungo, lo so. Ma dovevo vederla, dovevo salutarla, farle un’ultima carezza.

Adesso io e questa piccola peste siamo rimaste da sole.

Diesel ha tredici anni, un mese e dieci giorni. E’ con me da tredici anni e dieci giorni.
Sta dimostrando una sensibilità e una capacità di capire la situazione che devo ammettere mi hanno stupito. Lei è sempre stata quella casinista incapace di stare ferma, a parte quando dorme per quindici ore di fila, ingorda e un po’ prepotente.
Ma adesso siamo sole.

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