Tag: Valeria Corciolani

Scelte poco felici…

Ogni tanto bisogna anche parlare dei libri che non ci sono piaciuti… Come spesso dico, non tutte le ciambelle escono col buco e anche se ho affinato abbastanza bene il mio “fiuto” e non prendo più di tanto delle fregature, ahimè capita.

Scorrendo l’elenco delle letture degli ultimi mesi (a proposito, ho scoperto qualche tempo fa Goodreads e mi ci trovo bene, anche se è in inglese. Principalmente per questo motivo non mi metto a scrivere giudizi sui libri che leggo ma mi limito alle stelline, tanto per tenere traccia della faccenda) ho trovato qualche scelta che non si è rivelata molto felice.

Non me ne vogliate, ma non amo Manzini. Adoro Schiavone come personaggio, adoro l’interpretazione di Giallini, ma niente, lo stile di Manzini proprio non mi prende. Perciò è stato un errore decidere di leggere Sangue Marcio, il primo libro pubblicato da Manzini nel 2005. Una storia inquietante che vede intrecciarsi le vite di due fratelli separati da bambini dal disgregarsi della famiglia in seguito all’arresto del padre. Trent’anni dopo, uno dei due è un giornalista, l’altro un commissario di polizia. Ma la sinistra ombra del padre continua a incombere su di loro, come una maledizione.

Ho trovato la storia confusa e difficile da seguire, certo, alla luce dell’epilogo (che ovviamente non svelerò) tutto diventa più chiaro, ma mentre uno sta leggendo il libro si domanda spesso di chi si sta parlando, chi è in scena e cosa sta succedendo…

Avevo letto con entusiasmo un libro di Valeria Corciolani che mi era piaciuto parecchio. Si intitola Acqua Passata, consigliatissimo. Ne avevo anche scritto qui. Purtroppo trovare i suoi libri non è facile, mi sono capitati perlopiù ebook per il kindle, che non ho né voglio avere, e ho finito per leggere Lacrime di coccodrillo essenzialmente perché era l’unico che ero riuscita a trovare facilmente. Ahimè. Ho cominciato ad apprezzarlo ben oltre la metà, quando finalmente sono entrata nella storia e ho cominciato a capire cosa stavo leggendo. Capitoli brevissimi con continui cambi di pdv che non aiutano a seguire il senso di ciò che si sta leggendo. Tuttavia non posso dire che non mi sia piaciuto, lo stile e l’ironia che avevo amato in Acqua Passata sono riconoscibili, ma avrei apprezzato uno stile un po’ più ordinario e ordinato di condurre la storia.

Ci sono tre amiche, Guia, Lucia e Betti che lavorano insieme come party planner. Hanno vite molto diverse, una ha una famiglia più o meno tradizionale per quanto un po’ caotica, un’altra insegue la felicità sbagliando puntualmente uomo… Una notte Betti chiama le amiche dicendo di aver ucciso il tizio con cui stava uscendo (e che le altre due disapprovavano) ma resta il fatto che il cadavere non si trova… sarà morto davvero o l’amica ha le allucinazioni? Nel giallo e nelle indagini si inserisce l’ambigua amicizia che nasce fra il commissario Lanzi, incaricato delle indagini, e Guia. Sarà solo amicizia o sarà qualcosa di più?

Quest’ultimo libro l’ho letto per pura curiosità nei confronti dell’autore, e a causa di una mia personale mania sono andata a cercare il primo della serie, non avrei sopportato di leggere quello che era appena uscito, e che era se non ricordo male il settimo dello stesso filone. Ecco, quindi magari ha corretto il tiro. Perché giuro la storia mi è piaciuta, era intrigante e per niente banale la soluzione. Però per la miseria non mi puoi ambientare un libro in una grande città, scrivere un giallo, quindi non una storia intimista, chiusa in un piccolo spazio, e non dare un solo cognome ai tuoi personaggi. Cioè, solo il commissario e il suo vice hanno un nome e un cognome, tutti gli altri solo il nome. Non ha nessun senso! Come fa ad essere credibile una scena in cui il suddetto commissario arriva nel cortile del pronto soccorso di un ospedale enorme, vede un tizio (che non conosce ancora) in un angolo, gli si avvicina e gli dice “Salve, lei è Andrea, vero? Buongiorno, noi ci stiamo occupando della morte di Elena, dovremmo farle qualche domanda”? Avrei smesso più o meno qui, ma ero come al solito curiosa di sapere chi l’aveva uccisa, questa mia omonima di carta, e il libro era molto breve… Tutto così, coi poliziotti che parlano fra loro del caso indicando tutti per nome. Chissà, magari gli do un’altra chance e ne leggo uno più avanti, a vedere se si è accorto di questa assurdità…

Un altro personaggio notevolissimo

Sono indietro, ho da postare le mie impressioni di lettura di un po’ di cose ma… boh, in questi giorni mi sembra di non avere mai abbastanza tempo.
Prevedibilmente, sono uscita dal Salone leggermente ubriaca per tutti quei libri che non avrò mai abbastanza tempo per leggere, e questo mi ha mandato un po’ in crisi. Tutto normale, passerà.

Ma intanto per uno di quei miei percorsi strani sto leggendo questo libro

Valeria Corciolani - Acqua Passata
Valeria Corciolani – Acqua Passata

e sono di nuovo innamorata.

«Non credo al destino e neppure al caso. Ma ieri ci siamo incontr…»
«Un imprevisto» lascia cadere con la sua voce piena che riempie i vuoti.
«Come, scusa?»
«Un imprevisto. L’averti incontrato è stato un imprevisto.» Alma lo guarda con quei suoi occhi ambrati, che scavano senza averne l’aria. «La mia vita era liscia, impostata con la meticolosa attenzione di chi vuole ridurre al minimo le variabili della sorte. E invece sbam!, ti svegli una mattina e tutto rotola, facendoti precipitare sulla casella dell’imprevisto. Non ho ancora capito se la carta che ho pescato è vantaggiosa o meno, ma mi sei capitato e, nonostante ci abbia provato in tutti i modi, sembra sia impossibile rimetterti nel mazzo e far finta di nulla. Quindi…» Fa una piccola smorfia e riprende a camminare.
«Perciò sarei un tuo imprevisto» ripete Rosset, leggermente perplesso. «E non ti pare una roba strana da dire?»
Alma si volta e lo fissa seria.
«Siamo stati tutti l’imprevisto di qualcun altro.»
Jules resta un attimo appeso a quella frase, che gli pare bordeggiare fra l’emozione di un regalo e la sciagura di una catastrofe, poi scrolla le spalle e allunga il passo per affiancare Alma.

Alma sbuffa ancora. Già, le pesa ammetterlo, ma è vero: si è sentita lusingata, apprezzata, importante. Unica. Quel rude, antipatico, molesto ispettore l’ha fatta sentire speciale e indispensabile. L’ha scrollata dalla sua quotidiana apatia e per due giorni le ha sconquassato l’esistenza costringendola a tirarsi fuori dal buco, dove si era rintanata per non essere trovata dalla vita. Per paura di cosa? È sopravvissuta al terremoto della fuga di Enrico, alla deflagrazione del suo mondo di prima, a quattro figli e una suocera da mantenere e ha paura di cosa potrebbe succedere adesso? Ma guarda te se ci voleva uno sconosciuto a sbatterle davanti al naso l’evidenza: lei non è solo una moglie abbandonata, una madre trafelata, una nuora esasperata e una colf invisibile infagottata in maglioni larghi e giacconi informi per l’assurda convinzione che fuggire agli sguardi è uguale a non esistere. Lei è Alma Boero Kouyatè. Una donna di quarant’anni con un buon cervello, un aspetto decoroso e a Dio piacendo ancora mezza vita davanti. Fa un piccolo sospiro, è l’aver scoperto di esser viva grazie a una morta che le dà fastidio.

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